L’attenzione al benessere organizzativo è molto cresciuta nel recente passato a seguito di interventi normativi e di una maggiore diffusa attenzione e consapevolezza sul tema. Anche all’interno del nostro ateneo nel corso degli ultimi anni si è iniziato ad operare in questa prospettiva. 

Garantire una buona qualità della vita organizzativa può favorire migliore senso di appartenenza da parte dei membri dell’organizzazione, più motivazione, impegno e spinta all’innovazione.

Nello stesso tempo, la qualità della vita organizzativa può avere effetti sulla soddisfazione di vita, sullo stato di salute, sul benessere individuale e sull’equilibrio tra diversi ambiti di vita delle persone. 

Ciò che caratterizza il benessere organizzativo può essere sintetizzato nei seguenti punti:

  • contesto di lavoro sicuro e salubre;
  • buone relazioni interpersonali nel luogo di lavoro (tra colleghi/e e nel rapporto con i superiori);
  • chiarezza dei ruoli organizzativi; 
  • compiti lavorativi caratterizzati da ricchezza, varietà e adeguati livelli di autonomia;
  • prospettive di crescita professionale e di sviluppo della persona;
  • coinvolgimento del personale nelle politiche organizzative;
  • equità nell’attribuzione di premi e ricompense e trasparenza nelle pratiche valutative;
  • rispetto di codici morali e deontologici evitando comportamenti contro-produttivi, vessatori, denigratori e cinici;
  • valorizzazione delle competenze e delle qualità di tutti i lavoratori e lavoratrici, nel pieno rispetto delle differenze di genere, età, etnia, grado di abilità, orientamenti e sistemi di credenze;
  • ricerca di conciliazione ed equilibrio tra sfera di vita lavorativa ed extra-lavorativa.

Come si può operare per favorire il benessere organizzativo? Ecco alcuni esempi di possibili azioni su cui l’ateneo è attualmente impegnato.

  1. Realizzazione di costanti e ricorrenti operazioni di monitoraggio sul benessere organizzativo del personale di ogni ordine e grado (mediante indagini quali-quantitative).
  2. Conduzione di valutazioni sullo stress lavoro correlato con attenzione ad indicatori strutturali (ad esempio: tasso di assenteismo; incidenti e infortuni; ricorso al medico competente) e a rilevazioni sui fattori di rischio organizzativo e sul grado di benessere psicologico del personale.
  3. Attivazione di un servizio psicologico a sostegno del personale che sperimenta situazioni di particolare difficoltà legata all’esperienza di lavoro (relazioni conflittuali; demotivazione; eccessiva ansia e preoccupazione legate al lavoro).
  4. Individuazione, attraverso gli strumenti elencati nei punti precedenti, di settori dell’organizzazione che necessitano di interventi di cambiamento e sviluppo organizzativo (programmi formativi; riorganizzazione dei ruoli; altri interventi mirati). 
  5. Definizione di politiche di intervento organizzativo elaborate di concerto con la Direzione Risorse Umane e Organizzazione e valutazione dell’efficacia di tali politiche.
  6. Costante confronto del benessere organizzativo rilevato in Ateneo in rapporto ad organizzazioni comparabili sul territorio nazionale e sul piano internazionale attraverso comparazione di dati, analisi di buone pratiche e partecipazione ad occasioni di approfondimento sul tema.
  7. Analisi periodica delle pratiche di gestione delle risorse umane per verificare che queste corrispondano ai principi sopra elencati che ispirano il benessere organizzativo.

Risultati delle indagini