Da sinistra: Carla Locatelli, Remo Bodei, Maurizio Giangiulio.

I PARADOSSI DEL TEMPO

in
L’immagine del tempo da Sant’Agostino a Freud, da Leibniz a Newton. Lectio inauguralis alla Facoltà di Lettere e Filosofia
di Remo Bodei

L’immagine del tempo dominante nel nostro senso comune è costituita da una retta infinita sulla quale scorre, a velocità costante, un punto indivisibile e inesteso, il presente, che avanza separando in maniera irreversibile il passato, che gli sta alle spalle, dal futuro, verso cui procede. Si tratta, senza dubbio, di un’idea esemplarmente semplice e comoda, di cui ci serviamo continuamente e da cui è difficile staccarci. Ma è anche l’unica vera? Appena affrontiamo la questione, vediamo sorgere diversi paradossi (da intendersi non come assurdità, bensì come affermazioni che vanno contro l’opinione, la doxa, prevalente), dotati di differenti gradi di plausibilità. ‘Aprendo’ il concetto di tempo nelle sue strutture elementari, come un bambino smonta un giocattolo, vedremo, appunto, scaturire da ogni sua componente (il punto, la linea, lo scorrere, la velocità, la divisibilità in parti uguali, la direzione) paradossi o apparenti mostri concettuali. Abbandoniamoci al dubbio su quello che ci sembra evidente e proviamo a logorare e a sabotare l’idea di validità assoluta attribuita alla comune immagine del tempo.

Mi limito qui a due esempi. Chi ci assicura, in primo luogo, che il tempo scorra (in modo irreversibile)? Andando contro corrente, Agostino mostra, ad esempio, l’uguale plausibilità di un tempo che non scorre dal passato al futuro attraverso lo snodo del presente. Noi, infatti, non ci spostiamo mai dal presente e viviamo il passato solo nel presente del ricordo e il futuro solo nel presente dell’attesa. Il tempo, presente tridimensionale misurato dall’animo è dunque elastico: si restringe e si concentra quasi in un punto solo nell’attenzione, ma si allarga ‘all’indietro’ nel rammemorare e si prolunga ‘in avanti’ nell’attendere o nel progettare. Per questo il senso del passato si può modificare nel presente: quel che è accaduto non può certo essere più cancellato, ma il suo peso può certo variare attraverso il perdono, che permette a chi ha commesso il male o a chi lo ha subito, di ricominciare, più leggero, una nuova vita. Ed anche il futuro, per sua natura, incerto, può venire indirizzato e condizionato dalla fiducia, ad esempio, nell’assistenza e nella grazia divina, alimentata dalla speranza, o dalla fede laica nel progresso.

Riferendosi al tempo psichico, Freud ha tentato di comprendere il nesso tra il tempo che passa e quello che non passa e ha suggerito - in poche righe dello scritto Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, del 1915 – un’audace soluzione. Per chiarirne l’originalità, si può confrontare la sua teoria con quella di Leibniz, in cui il tempo raffigura l'ordine della successione, mentre lo spazio rappresenta l’ordine della coesistenza (ciò significa che, diversamente da Newton, non esistono spazio e tempo absoluti, sciolti cioè dalla presenza degli enti del mondo e della mente). Lo spazio “è l'ordine che rende i corpi situabili, e mediante i quali essi, esistendo insieme, hanno una posizione relativa fra loro; allo stesso modo anche il tempo è un ordine analogo, in rapporto alla loro posizione successiva”. In Freud il tempo acquista invece, simultaneamente, la doppia natura del tempo e dello spazio leibniziani, in quanto “la successione comporta anche una coesistenza”, ossia il passato convive con il presente che scorre e quanto è immobile perdura accanto a ciò che fluisce. In questo modo il tempo psichico appare, appunto, quale coesistenza di coesistenza e di successione, (i ricordi del passato, ad esempio, restano relativamente fermi, anche se spesso rielaborati, mentre il presente della percezione continua a scorrere).

Di fronte a questi (e ad altri) paradossi non si deve tuttavia trarre la conclusione che l’immagine comune del tempo sia falsa. Essa fornisce, al contrario, uno schema che corrisponde perfettamente alle esigenze della vita quotidiana e a quelle della maggior parte delle teorie scientifiche e delle pratiche umane. L’errore consiste nell’assolutizzarla, nel considerarla espressione del tempo per antonomasia e non piuttosto una delle sue molteplici forme entro cui l’esperienza e le conoscenze umane possono essere pensate.