ARMONIZZARE DUE AUTONOMIE: UN NUOVO MODELLO

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La delega alla Provincia autonoma sull’Università di Trento apre la strada a nuove opportunità
intervista di Francesca Menna a Davide Bassi
Approfondimento: 

La Legge Finanziaria 2010 prevede che a partire dal primo gennaio di quest’anno la Provincia autonoma di Trento si faccia carico dei costi relativi al funzionamento del nostro ateneo. Contemporaneamente la Provincia riceve dallo Stato una nuova delega specifica per l’Università di Trento. Ne abbiamo parlato con il rettore dell’ateneo, professor Davide Bassi.

Professor Bassi, che cosa significa concretamente la delega sull’università data alla Provincia autonoma di Trento?

Attraverso questa delega cambia il principale canale di finanziamento dell’Università di Trento: i finanziamenti che prima ci venivano erogati dallo Stato ora verranno erogati dalla Provincia autonoma di Trento. Questa decisione fa parte di una più ampia manovra di riequilibrio finanziario che si propone l’attuazione dei principi del federalismo.

E questo secondo lei è un vantaggio?

Penso di sì. Tuttavia sarebbe poca cosa se si limitasse ai soli aspetti finanziari. Certamente ne trarremo dei benefici in termini di certezza dei finanziamenti e di possibilità di programmazione delle risorse, ma la vera scommessa è quella di sfruttare fino in fondo le opportunità di “federalismo accademico” che questa intesa porta con sé. Ci sono molti nodi da sciogliere, legati alle viscosità del sistema nazionale. Noi chiediamo da tempo di essere giudicati sulla base dei risultati ottenuti e di essere lasciati liberi di sperimentare forme di organizzazione dell’ateneo in linea con i migliori standard internazionali. Mi auguro che il processo avviato dalla Legge Finanziaria 2010 proceda sollecitamente e ci consenta di dare corpo a quelle riforme che, a livello nazionale, faticano a progredire. Credo che questo esperimento sia importante non solo per il Trentino, ma per tutto il sistema delle università pubbliche italiane.

L’Università di Trento rimane comunque statale e autonoma.

Certo, la delega non cambia la natura statale dell’Università di Trento. Qualcuno ha usato il termine “provincializzazione”, ma è concettualmente sbagliato. La delega dello Stato alla Provincia riguarda l’Università di Trento e non cancella la nostra legge istitutiva. La norma è chiara anche riguardo all’autonomia che è sancita dall’articolo 33 della Costituzione e richiede il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento nazionale in tema di università. Questo significa che tutte le nuove leggi che il Parlamento approverà in materia di università varranno anche per noi. Da qui potrebbe nascere qualche problema: la produzione di nuove norme è talvolta eccessiva e si potrebbe discutere a lungo sulla qualità e coerenza delle leggi che il Parlamento approva. Il primo obiettivo che ci siamo dati è quello di definire con chiarezza i principi generali, cercando di superare quella che io definisco la “sindrome da decreto”, ovvero l’affannosa corsa di adattamento rispetto al mutevole quadro delle normative nazionali.

Quali sono le prospettive per i dipendenti dell’ateneo, docenti e personale tecnico e amministrativo? E per gli studenti?

Non cambierà il quadro di riferimento generale, ma si aprono concrete possibilità di miglioramento sui vari fronti della didattica, della ricerca e della organizzazione. Quindi se ci saranno dei cambiamenti ritengo che possano essere soltanto in meglio. 

Ci sono anche dei rischi?

Ogni cambiamento comporta dei rischi. D’altra parte non possiamo continuare a lamentarci delle difficoltà registrate a livello nazionale e poi bloccarci per paura del cambiamento. Il rischio più grande è quello della possibile interferenza del potere politico sull’ateneo: credo però che nessuna persona di buon senso possa pensare di applicare agli atenei i metodi di lottizzazione politica che purtroppo vediamo in essere presso altre strutture pubbliche. Da questo punto di vista l’articolo 33 della Costituzione costituisce una garanzia e un elemento che fa la differenza.
Secondo me possiamo essere ottimisti ricordando che la storia del nostro ateneo è sempre stata connessa con quella della Provincia di Trento. Gli sviluppi recenti della nostra università non sarebbero stati possibili senza il forte sostegno della Provincia tramite l’Accordo di programma. Se la Provincia avesse voluto provare ad interferire sulle scelte interne dell’ateneo, avrebbe avuto gli strumenti di pressione necessari per farlo, anche prima dell’approvazione della legge Finanziaria 2010.
Inoltre, vorrei ricordare che la sfida che abbiamo di fronte non è completamente nuova: la nostra legge istitutiva prevede già un ruolo della Provincia del tutto atipico rispetto al modello nazionale. Si tratta quindi di far convivere al meglio due autonomie, armonizzarle e trovare il giusto equilibrio anche nei rapporti con il governo centrale.

In prospettiva pensa che sia anche un’opportunità per il Trentino e per la sua università di dare vita a un nuovo modello che possa essere esportato in altre realtà?

Oggi abbiamo la concreta opportunità di sperimentare sul campo un nuovo modello di federalismo accademico, realizzando una esperienza unica  - almeno per il momento - in Italia, ma non dissimile da ciò che avviene da tempo in altri Paesi tra cui la Germania. Altre regioni italiane hanno già manifestato un concreto interesse per l’esperimento trentino ed io spero che si possano gettare le basi per un rinnovamento del sistema di interesse per tutto il Paese. Questa linea è condivisa dai rettori di altre università italiane,  cito Udine e Padova, ma non solo loro. 

Al di là degli aspetti finanziari, in che cosa pensa che la delega sia un passo avanti?

C’è molto lavoro da fare, anche perché il sistema universitario italiano soffre di “bulimia normativa”. Noi non vogliamo abolire le regole, ma chiediamo di averne poche e chiare e soprattutto di essere valutati sulla base dei risultati raggiunti. In poche parole vorremmo che autonomia e responsabilità costituissero un binomio inscindibile. Qualche passo avanti siamo riusciti a realizzarlo anche a livello nazionale, ma ora la delega ci può dare una marcia in più. È un processo difficile e non privo di pericoli che potremo affrontare con il sostegno politico e finanziario della Provincia, ma anche con un rapporto leale con il Governo nazionale e, in particolare, con il Ministero dell’Università.

Al momento è al lavoro una commissione che deve approfondire la tematica, anche in considerazione del fatto che si tratta di una novità nell’ordinamento italiano.

Ci sono vari aspetti da chiarire a partire da quelli giuridici e finanziari che sono alla base di qualsiasi ragionamento operativo. La Commissione deve riuscire a mettere a punto linee di indirizzo che - senza rischiare di diventare un “libro dei sogni” - ci aiutino ad attuare una profonda riforma del nostro ateneo, in linea con le migliori esperienze che sono state sviluppate a livello europeo. Tecnicamente si tratta di individuare obiettivi di alta qualità, ma anche il giusto raccordo con gli strumenti disponibili per il loro raggiungimento. In questa prospettiva è fondamentale chiarire gli snodi esistenti tra normativa provinciale ed i principi della normativa nazionale.
La Commissione, che è presieduta da Innocenzo Cipolletta, ha già iniziato i suoi lavori e mi sembra che lo spirito con cui sta lavorando sia molto positivo. La Commissione non presenterà un progetto da “prendere o lasciare”, ma ascolterà le diverse voci presenti dentro e fuori dall’ateneo per cogliere le attese e le speranze di cambiamento, ma anche i dubbi e le preoccupazioni. Ci saranno anche dei seminari tematici di approfondimento a cui inviteremo esperti esterni. Un primo evento è organizzato per  il 30 marzo alle 11.00 presso la Facoltà di Economia. Interverranno due esperti della Commissione Europea: Peter van der Hijden della DG Ricerca su “Initiatives for the modernisation of universities as research organisations” e Matteo Bonifacio del Bureau of European Policy Advisers su “Trends in the organization and governance of the European research network”.
Personalmente, ho avviato un giro di consultazioni con le facoltà che durerà per tutto il tempo in cui la Commissione sarà attiva. Credo che di fronte a noi ci sia una opportunità unica e irripetibile: sta a tutti noi raccogliere questa  sfida e portare a casa risultati utili per il nostro ateneo e per tutto il Paese.