LE CAPACITÀ COGNITIVE DEGLI ULTIMI NEANDERTHAL

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L’Università di Trento in un progetto archeologico internazionale. Le nuove scoperte nella Penisola Iberica cambiano la nostra percezione dei neandertaliani
di Diego E. Angelucci

Alla parola "archeologia" si associano spesso termini come "mistero" o "enigma". Esagerazioni giornalistiche, senza dubbio, che rivelano però come il percorso di ricerca dell'archeologo sia ancora denso di incertezze e questioni aperte, in particolare per quanto riguarda i tempi preistorici, la cui conoscenza è spesso fallace a causa del trascorrere del tempo che ha irrimediabilmente modificato la documentazione a nostra disposizione.

Tra i problemi aperti che hanno interessato la comunità scientifica negli ultimi anni vi è quello relativo alla sorte degli ultimi Neanderthal: perché sono scomparsi? Anzi, sono veramente scomparsi, o portiamo con noi una parte di patrimonio genetico neandertaliano? Quale era la loro reale capacità cognitiva? Su che piano si è svolto l'incontro con gli umani anatomicamente moderni - gli Homo sapiens sapiens da cui discendiamo principalmente - quando questi raggiunsero l'Europa tra 40 e 30 mila anni fa? Le risposte si nascondono nel lento lavoro di scavo, catalogazione e analisi che caratterizza il percorso di ogni archeologo. In questo senso, la Penisola Iberica si sta rivelando un territorio privilegiato per ‘capire’ gli ultimi Neanderthal. Questo territorio, che funzionò infatti come un cul-de-sac, fu tra gli ultimi ad essere raggiunti dalle ondate di umani anatomicamente moderni e sta fornendo dati di grande rilevanza per comprendere tempi e modi dell'evoluzione umana.

Dal 2007 è in corso un progetto di ricerca internazionale dedicato alla transizione Paleolitico Medio-Superiore (che nel gergo degli archeologi equivalgono rispettivamente a Neanderthal e anatomicamente moderni), nella regione di Murcia, nell'angolo Sud-Est della Spagna, sotto la direzione di João Zilhão (Università di Bristol, UK), Josefina Zapata (Università di Murcia, Spagna), Valentín Villaverde (Università di Valencia, Spagna) e dello scrivente. Il mio ruolo nel team interdisciplinare, che comprende varie istituzioni europee, consiste nello studio delle stratificazioni di grotta, per comprendere come si sono depositate e per verificare la sequenza di accumulo, la posizione stratigrafica dei reperti e l'integrità delle associazioni archeologiche. I primi risultati delle ricerche sono stati pubblicati nei Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA.

Gli scavi nei siti murciani, in particolare nelle grotte Cueva Antón e Cueva de los Aviones, hanno rivelato la presenza di reperti sorprendenti, se si considera la visione tradizionale dei Neanderthal come persone scarsamente dotate di capacità simbolica. Nei siti sono state raccolte conchiglie marine perforate e colorate del tutto identiche ad altre considerate come oggetti di decorazione personale per fasi più recenti della preistoria europea (Paleolitico Superiore, Neolitico ed Età del Rame) o a quelle prodotte dagli umani anatomicamente moderni in siti del Paleolitico Medio o del primo Paleolitico Superiore nel Vicino Oriente.

Da Cueva de los Aviones provengono, insieme alle conchiglie perforate, pigmenti rossi e gialli, forse usati per la pittura del corpo. Un accumulo di granuli e polveri, con ogni probabilità originariamente racchiusi in un contenitore in materiale deperibile, è risultato composto da natrojarosite, minerale di colore giallo utilizzato nell'Antico Egitto per fini cosmetici e come colorante per il corpo. È stata inoltre ritrovata una valva di Spondylus gaederopus contenente una massa rossastra di lepidocrocite mischiata con ematite e pirite, miscuglio che suggerisce la preparazione di un prodotto cosmetico. Anche la scelta di Spondylus come contenitore del preparato potrebbe non essere casuale, se si considera l'aspetto riccamente ornato, con colori attraenti dal rosso vivo al viola, che ne ha fatto una specie utilizzata come oggetto simbolico o rituale, in particolare nel Neolitico europeo e nell'America pre-colombiana.

Da Cueva Antón, distante più di 50 km dalla costa, proviene invece un resto di Pecten maximus (la cosiddetta conchiglia di Santiago) con tracce di colorante.

I dati stratigrafici e le datazioni ci portano ad assegnare a questi ritrovamenti un'età di circa 50.000 anni fa, 10.000 anni prima dell'arrivo degli umani anatomicamente moderni nel nostro continente. Nei siti dell'Africa e nel Vicino Oriente, di età compresa tra 120.000 e 70.000 anni fa la presenza di oggetti di decorazione personale ottenuti su conchiglie marine perforate e colorate è ampiamente accettata come prova dell'esistenza di comportamento moderno e pensiero simbolico tra gli antenati degli umani anatomicamente moderni. Non è però così per gli oggetti di questo tipo rinvenuti in siti correlati ai Neanderthal, la cui attribuzione è stata finora oggetto di discussione. Due pesi e due misure per reperti archeologici uguali.

Le evidenze raccolte nei siti di Murcia permettono di affermare che non c'è motivo per dubitare che i Neanderthal producessero oggetti di carattere simbolico e ci portano a considerare rimossi i dubbi riguardanti gli aspetti comportamentali e cognitivi degli ultimi Neanderthal. Seppur arcaici dal punto di vista anatomico, i Neanderthal si sono evoluti dal punto di vista cognitivo e comportamentale in modo analogo agli umani anatomicamente moderni africani.

Gli scavi archeologici nella regione di Murcia riprenderanno nella prossima primavera, con la partecipazione di studenti del corso di laurea in Scienze dei beni culturali del nostro ateneo.