Ritratto di Martino Martini (1614-1661)

LA PRIMA STORIA DELLA CINA SCRITTA DA UN OCCIDENTALE

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Presentato il VI volume dell’Opera Omnia del gesuita trentino Martino Martini
di Luisa M. Paternicò

Trascorsi sette anni dall’uscita del III volume dell’Opera Omnia di Martino Martini, l’attesa pubblicazione del IV volume dedicato all’imponente Sinicae Historiae Decas Prima, ha visto la luce lo scorso febbraio. Il lavoro, in due tomi, è stato presentato il 25 marzo presso la Sala degli Affreschi della Biblioteca Comunale di Trento. Per l’occasione sono intervenuti i curatori, Federico Masini e Luisa M. Paternicò dell’Università “La Sapienza” di Roma, Monsignor Luigi Bressan, Arcivescovo di Trento, Giuseppe O. Longo dell’Università di Trieste, e Riccardo Scartezzini dell’Università di Trento, presidente del Centro Studi Martino Martini.

Il progetto dell’Opera Omnia era stato promosso più di dieci anni fa da Franco Demarchi in collaborazione con il sinologo Giuliano Bertuccioli, entrambi scomparsi qualche anno fa. Riccardo Scartezzini nell’introduzione ha sottolineato come, al fine di diffondere la conoscenza approfondita della figura e dell’opera del gesuita trentino, il Centro Martini e l’Università di Trento, in collaborazione con gli studiosi dell’Università di Roma “Sapienza”, continuino con determinazione a portare avanti il progetto dell’Opera Omnia di cui sono previsti altri due volumi: il quinto, dedicato alla De Bello Tartarico Historia e il sesto, con documentazioni aggiuntive e indici.

Il quarto volume, uscito da poco e salutato con vivo interesse da Monsignor Bressan, contiene la riproduzione anastatica dell’originale latino della Sinicae Historiae Decas Prima, la traduzione italiana realizzata da Beatrice Niccolini, purtroppo scomparsa di recente, e un ricco apparato critico di annotazioni realizzato dai curatori. La Sinicae Historiae, compilata dal gesuita trentino nel 1658, fu la prima storia della Cina scritta in una lingua occidentale, e, insieme al famoso Novus Atlas Sinensis, ebbe un’enorme influenza sulla visione del mondo degli intellettuali Europei del XVII secolo, stimolandone la ricerca e le formulazioni teoriche.

Dopo una presentazione dell’avvincente figura di Martini fatta da Giuseppe Longo, che ne ha da poco curato la biografia (“Il gesuita che disegnò la Cina”, Springer 2010), Federico Masini ha spiegato l’impatto significativo che la Sinicae Historiae ebbe per gli europei dell’epoca. L’opera narra la storia della Cina dalle origini mitologiche al primo secolo dell’era cristiana, presentando una cronologia accurata degli avvenimenti, anche di quelli più antichi. Martini, con un calcolo a ritroso, riusciva a datare il regno del primo sovrano cinese intorno al 2952 a.C. circa, questo però entrava in contraddizione con la cronologia biblica, che datava il diluvio universale intorno al 2349 a.C. Martini, per evitare di sollevare un problema di vaste proporzioni che gli avrebbe negato l’imprimatum per l’opera, accostando il diluvio universale ad un altro diluvio narrato nelle fonti cinesi, riuscì a collocare gli avvenimenti nel mito e a risolvere l’intera faccenda. Il problema della cronologia e dell’antichità della storia cinese animarono il dibattito tra i pensatori europei offrendo una sponda all’ateismo.

Luisa Paternicò ha infine raccontato come si sia svolto il lavoro di ricerca delle fonti alle quali Martini attinse per la compilazione della Sinicae Historiae. Al fine di rintracciare nei testi di storia della Cina il corrispettivo di ogni episodio narrato da Martini, si è dovuto condurre uno scrupoloso confronto cronologico e contenutistico su vari livelli. Si è potuto così dimostrare come il gesuita trentino si fosse servito esclusivamente di testi in cinese, principalmente in forma di annali, e scritti da storici autorevoli, smentendo alcune teorie avanzate in precedenza, secondo le quali Martini avrebbe utilizzato opere in traduzione o sommari di storia. Alla metà del XVII secolo non erano state ancora realizzate traduzioni di testi storici cinesi e Martini poté fare esclusivamente affidamento sulle proprie competenze linguistiche per attingere alle fonti cinesi. Il risultato è un resoconto che fluisce armoniosamente e degno di uno storico perito e scrupoloso.