Convegno Biobanche, foto Alessio Coser

IL MONDO DELLE BIOBANCHE

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Le prospettive della medicina personalizzata, i problemi giuridici e le garanzie a tutela dei donatori
di Umberto Izzo e Matteo Macilotti

Il fenomeno biobanche - annoverato da Time nel 2009 tra le 10 idee in grado di cambiare il mondo – sta cambiando il modo di fare ricerca e l’approccio alla cura, schiudendo orizzonti concreti alla “medicina personalizzata”. Anche se il percorso è ancora agli inizi, la mappatura del genoma umano ha schiuso la possibilità di comprendere i processi biologici che, a livello molecolare, stanno alla base di numerose malattie oggi incurabili (lo conferma il ruolo decisivo affidato alle biobanche nel recente piano oncologico nazionale 2010/12). Perché ciò possa avvenire, occorre sottoporre ad analisi grandi quantità di campioni biologici di pazienti affetti da tali patologie. Solo gli studi comparativi condotti su vaste collezioni di campioni consentono di individuare le alterazioni molecolari e genetiche che determinano una data malattia e permettono di predisporre sia i test diagnostici in grado di identificarne l’insorgere, che i farmaci in grado di interferire con le alterazioni molecolari, i c.d. farmaci “bersaglio”.

Questo spiega perchè tutti i Paesi industrializzati stanno investendo ingenti risorse nella creazione di entità, le biobanche, che raccolgono sistematicamente tessuti umani, cellule tumorali, Dna, sangue, da impiegare nella ricerca medica. Nei primi 10 anni del nuovo millennio si stima che a livello globale siano stati investiti circa un bilione di dollari nel biobanking pubblico e privato. Solo negli USA sono sorte 179 biobanche che raccolgono i campioni di 345.000 cittadini. Nel 2007 il Regno Unito ha istituito una biobanca nazionale (UK Biobank) allo scopo di conservare i campioni biologici da impiegare nel campo della ricerca medica sulle malattie comuni: dal cancro, ai problemi di cuore, dal diabete, alle artriti. Per conseguire questo obiettivo, si prevede di raccogliere i tessuti di 500.000 cittadini. Stessi numeri per il progetto svedese LifeGene avviato nel 2009, che prevede la costituzione di una biobanca nazionale che conterrà i campioni di 500.000 cittadini, all’incirca il 5% della popolazione del paese. La Cina nel 2008 ha intrapreso un ambizioso progetto che prevede la costruzione nella città di Taizhou di una parco biotecnologico il quale disporrà di una biobanca che conterrà i tessuti di 500.000 cittadini cinesi.

Mappare tutte le esperienze in essere è ormai impossibile. Per contro, nel nostro Paese il biobanking muove ancora passi piuttosto faticosi, se non stentati. La difficoltà di reperire fondi da investire nella ricerca, la frammentazione normativa e la mancanza di un coordinamento a livello centrale frenano lo sviluppo delle biobanche italiche. In difetto di un registro nazionale non è facile conoscere il numero di biobanche (piccole e grandi) operanti in Italia. La stima più attendibile conta circa venti biobanche di ricerca. Una di queste è la Trentino Biobank (http://www.tissuebank.it/), istituita presso l’Ospedale S. Chiara di Trento, che rappresenta uno dei progetti più evoluti nel nostro paese, la cui costituzione è stata possibile anche grazie all’apporto conoscitivo fornito dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Trento.
Ed è stato proprio per fare il punto sui numerosi problemi giuridici che si frappongono allo sviluppo delle biobanche che il gruppo di ricerca LawTech (http://www.lawtech.jus.unitn.it/), operante in seno al Dipartimento di Scienze giuridiche, ha organizzato nel maggio scorso un convegno internazionale ( http://www.lawtech.jus.unitn.it/index.php/events/286-biobank-conference) presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento nell’ambito di un progetto di ricerca FIRB di rilevanza nazionale.

Il dibattito, a cui hanno contribuito relatori nazionali e stranieri di grande prestigio, ha preso le mosse dal fondamentale tema della proprietà dei materiali biologici. Allocarne la proprietà alla biobanca una volta che essi siano conferiti dai donatori, significa determinare come queste importanti risorse possono essere gestite. Occorre stabilire le garanzie a tutela della riservatezza dei donatori, dando nel contempo rilievo giuridico al ruolo di interfaccia che le biobanche assumono nel garantire ai ricercatori il follow up informativo sulle vicende cliniche vissute dai donatori dei campioni. In quest’ottica il convegno ha approfondito il delicato ruolo e i mutevoli contenuti dell’atto che raccoglie il “consenso informato” di chi conferisce un tessuto prelevato dal proprio corpo ad una biobanca. La conferenza ha poi sviscerato il tema della “brevettabilità dei geni” e, più in generale, dell’interazione necessaria fra biobanche e proprietà intellettuale (analizzando la sentenza del marzo scorso con cui la Corte del Southern District di New York ha dichiarato non brevettabili procedure diagnostiche fondate sulla capacità di leggere l’informazione veicolata dai nostri geni).

La necessità di incentivare gli investimenti nel settore va perseguita evitando che le privative brevettuali inibiscano il libero gioco cooperativo attraverso il quale gli scienziati portano avanti la conoscenza in campo genetico, affinché questo sapere possa andare a beneficio dell’umanità. La conferenza ha evidenziato come il successo delle biobanche non possa prescindere dalla costruzione di modelli giuridici di accesso aperto alla conoscenza, in grado massimizzare la condivisione dei dati, senza svilire le legittime aspettative di profitto di chi opera nel settore. Gli esiti del convegno saranno prossimamente disponibili in una pubblicazione in lingua inglese per i tipi di un editore internazionale.