ENNIO DI FRANCESCO, UN COMMISSARIO SCOMODO

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Un incontro alla Facoltà di Giurisprudenza sul tema della democratizzazione delle forze di polizia
di Alberto Mattei e Gracy Pelacani

Il 1° dicembre 2011 si è svolto il primo incontro della terza edizione del ciclo “Percorsi di memoria e diritto” che ha ospitato, nel foyer della Facoltà di Giurisprudenza, Ennio Di Francesco. L’incontro ha trattato il tema della democratizzazione delle forze di polizia e del rapporto tra questo difficile frangente e la ricostruzione di alcuni dei più discussi e drammatici momenti della storia repubblicana.

Già ufficiale dei carabinieri nella città di Genova, Di Francesco ha svolto la propria attività in lungo e in largo per tutto il Paese, percorrendo così una lunga carriera: ha diretto un plotone antiterrorismo in Alto Adige e un reparto operativo a Siracusa; è stato poi comandante della Compagnia speciale antimafia a Catanzaro e funzionario di polizia a Bologna; capo della sezione narcotici e omicidi a Genova e Roma; infine, ha diretto la sezione investigativa antidroga alla Criminalpol Nazionale e l’unità italiana dell’Europol.

Tutta questa esperienza è oggi racchiusa in una sua opera, scritta pochi anni fa, “Un commissario scomodo” (Sandro Teti Editore, Roma 2009): una testimonianza civile, ma anche professionale e umana, densa di riferimenti ideali, di fatti concreti e di un costante e instancabile impegno. Si tratta di una dimostrazione vivente di come la memoria sulla storia istituzionale italiana non possa rinunciare all’apporto diretto dei funzionari pubblici che hanno onorato l’amministrazione negli snodi più delicati di quell’evoluzione.

A parlare del libro e a dialogare con Di Francesco è intervenuto Pasquale Profiti, sostituto procuratore alla Procura della Repubblica di Trento, che si è soffermato sul periodo storico in cui vi è stato il passaggio dalla dittatura fascista alla Repubblica, con l’entrata in vigore della Carta costituzionale nel 1948 e sul ruolo che ha avuto, in questa transizione delicata per il Paese, la magistratura.

Al centro dell’incontro, introdotto da Gabriella Di Paolo, ricercatrice di Procedura penale all’Università di Trento, è emersa tutta la passione del “commissario scomodo”, che fu tra i primi, negli anni Settanta, a porre al centro del dibattito pubblico nazionale il tema della necessità di una riforma dell’ordinamento delle forze di polizia, tramite un processo di democratizzazione e sindacalizzazione da porre in essere prima di tutto al suo interno. Occorre ricordare, purtroppo, che, in molti aspetti importanti, la riforma rimane tuttora inattuata.

Convinto sostenitore dell’inscindibilità del binomio sicurezza-giustizia, dal momento che il processo di costruzione di una memoria pubblica non può avere luogo nella società se non è preceduta dalla conoscenza dei fatti storici che si pongono alla sua base, Di Francesco si è soffermato a lungo sulla figura dell’amico e compagno di scuola Emilio Alessandrini, magistrato ucciso dal gruppo terroristico “Prima Linea” il 29 gennaio 1979. 

Poco prima di morire Alessandrini si era occupato dello scandalo finanziario del Banco Ambrosiano e aveva condotto, assieme a Gerardo D’Ambrosio, l’istruttoria per il processo riguardante la strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969. Un’amicizia che con orgoglio Di Francesco ha voluto ricordare nell’incontro di fronte agli studenti dell’ateneo e alla cittadinanza trentina. Dopo la morte dell’amico magistrato, Di Francesco si è speso nella sua amata terra d’Abruzzo come promotore e presidente dell’associazione culturale onlus “Emilio Alessandrini, uomo d’Abruzzo - magistrato d’Italia”.

Al rapporto tra sicurezza e giustizia Di Francesco ha dato spazio nella sua opera, anche con riguardo alla legge n. 121 del 1981 e al valore sistematico che essa mantiene ancora intatto: nella relazione tra forze dell’ordine e cittadini, la legge ha stabilito che la sicurezza è un diritto da garantire ad ogni persona per il tramite di strutture adeguate al rispetto delle libertà costituzionali. Quelle libertà che, in alcuni e oscuri momenti della storia nazionale, sono state ripetutamente violate e che sempre e ancora esigono, per una loro effettiva garanzia, il contributo sinergico delle forze dell’ordine e della società civile.

L'incontro successivo del ciclo ha proseguito in questo percorso di costruzione di una memoria pubblica tramite la conoscenza dei fatti, per il tramite di coloro che dei medesimi sono stati i protagonisti; in particolare ci si è soffermati sulle vicende riguardanti la Loggia P2 viste attraverso lo sguardo di Tina Anselmi, presidente della relativa commissione d'inchiesta dal 1981 al 1985.