Particolare del mese di settembre, Ciclo dei mesi di Torre Aquila, Castello del

LA STORIA ATTRAVERSA I CONFINI

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Esperienze e prospettive per l’insegnamento della storia nel convegno internazionale tenutosi al Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale
di Luigi Blanco e Chiara Tamanini

I confini sono stati al centro, negli ultimi decenni, di un rinnovato interesse da parte della storiografia internazionale. La storiografia italiana non è stata da meno, con progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale che hanno interessato in modo particolare la modernistica e che hanno portato a problematizzare il tema dei confini da molteplici prospettive: politico-amministrativa, giuridica, religiosa, culturale, militare, economica, sociale. Al centro di questo rinnovato interesse si è posta soprattutto la percezione del confine, rivelatasi per l’età moderna molto diversa da quella poi affermatasi e diventata dominante nell’epoca degli stati nazionali.

Il convegno internazionale, che si è svolto presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale lo scorso 23 e 24 novembre e di cui si dà sinteticamente conto, lasciando sullo sfondo le tematiche storiografiche più generali, ha inteso per la prima volta interrogarsi sul significato dell’insegnamento della storia nelle aree di confine, chiamando a raccolta storici di professione, studiosi di diversa provenienza disciplinare e insegnanti. Le domande concrete poste al centro della riflessione e del confronto sono state di due tipi: esiste una specificità dell’insegnamento della storia nelle aree di confine? In cosa consiste, in che modo si manifesta, quali problemi pone e quali risultati produce?

La storia attraversa i confini – il professor Cavalli dell’Università di Pavia durante il suo intervento. Foto di Francesco Bailo«La storia attraversa i confini» è stato il momento conclusivo del progetto di ricerca e sperimentazione didattica «Costruire storia: dalla dimensione locale alla prospettiva europea» promosso dall’IPRASE tra il 2010 e il 2012 e realizzato in collaborazione con l’Università di Trento (Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale), il Museo storico del Trentino, il Bereich Innovation und Beratung della Provincia autonoma di Bolzano e il Tiroler Landesschulrat di Innsbruck; tale progetto ha coinvolto in un’attività di didattica laboratoriale condivisa vari istituti scolastici delle tre aree territoriali confinanti (il Trentino, l’Alto Adige e il Tirolo del Nord) che appartenevano alla vecchia regione storica tirolese e che sono attualmente divise dal confine di due Stati, quello italiano e quello austriaco. Il progetto inoltre ha rappresentato la prosecuzione ideale e concreta di un percorso di ricerca-azione coordinato dallo stesso IPRASE tra il 2003 e il 2007: tale percorso aveva individuato attraverso una indagine empirica i principali problemi dell’insegnamento della storia e, sulla base di essi, aveva promosso sperimentazioni didattiche a partire dalla dimensione locale della storia basate sull’orientamento costruttivistico e sul metodo di lavoro laboratoriale, coinvolgendo un numero consistente di scuole secondarie di secondo grado.

Articolato in tre sessioni («Questioni confinarie tra storiografia e didattica», «Confini e didattica della storia: esperienze a confronto», «Tra stati nazionali e regioni storiche: storia e memoria in aree di confine»), volutamente non distinte in modo rigido, essendo evidenti gli intrecci e i rimandi tra le stesse, il convegno ha ospitato un numero notevole di interventi che si sono soffermati su questioni di metodo, su interpretazioni storiografiche, su sperimentazioni ed esperienze didattiche, condotte anche su confini scomparsi o al più diventati - dopo l’unificazione nazionale italiana - confini amministrativi, e su progettazioni di manuali comuni di storia. Hanno cercato, cioè, di fornire uno spettro largo di riflessioni per rendere più ampio e interessante l’orizzonte problematico dell’insegnamento della storia nelle aree di confine.

La scommessa che stava alle spalle del call for papers da cui ha preso le mosse l’organizzazione del convegno scaturiva dal convincimento che i confini, nella situazione attuale, caratterizzata da profonde trasformazioni a tutti i livelli della convivenza sociale e politica, possano assumere un nuovo significato. Essi, che nell’epoca degli stati nazionali hanno creato barriere e steccati, possono infatti diventare una preziosa risorsa di dialogo e di collaborazione. Certamente questa ottica e questo convincimento trova un terreno fertile nella nostra vecchia Europa, mentre è più difficile esprimerlo e praticarlo in realtà anche poco distanti dalla nostra. Pensiamo, ad esempio, a quello che accade in questi giorni in Palestina, a Gaza, anche se pure in questi territori segnati da conflitti sanguinosi ed endemici qualcosa è stato fatto, come ha riferito nella sua relazione Sami Adwan della Bethleem University, parlando del libro di storia scritto in collaborazione da storici israeliani e palestinesi, per avvicinare e far dialogare le diverse memorie ed esperienze storiche. Oppure ci possiamo riferire anche all’area dei Balcani, analizzata da molti dei relatori intervenuti, che tanti nuovi problemi pone sul terreno confinario. Anche negli stati post-comunisti, come la Polonia o l’Ucraina, è ancora problematico un insegnamento della storia che sappia valorizzare i punti di vista degli “altri”, dato che prevale in essi ancora l’obiettivo di costruire una memoria comune e un’identità storica nazionale.

Ciononostante siamo convinti che la ricchezza delle aree di confine stia proprio nel fatto che le diverse prospettive, i diversi punti di vista attraverso cui si studiano e si interpretano i fatti storici possano portare a una migliore conoscenza dell’altro e quindi all’introiezione di quei valori che soli possono portare allo sviluppo di forme di convivenza fondate sul rispetto e sul riconoscimento di chi è diverso da noi. Si potrebbe anche osservare che i confini cui ci riferiamo, quelli nazionali e che nella nostra prospettiva andrebbero tendenzialmente denazionalizzati, sono invece presenti all’ennesima potenza oggi all’interno delle nostre stesse società multiculturali. E questo non può che dare ancor più significato alle sperimentazioni didattiche che si conducono. La storia può essere infatti anche uno strumento particolarmente efficace per favorire l’integrazione di gruppi etnici e sociali diversi e per trattare con maggiore rispetto e pluralismo le questioni migratorie.

I due progetti di ricerca dell’IPRASE, con le sperimentazioni cui hanno dato vita e le buone pratiche di insegnamento che hanno saputo proporre, unitamente al successo del convegno conclusivo, dimostrano in maniera esemplare che la collaborazione sinergica (anche transfrontaliera) tra istituzioni diverse porta, laddove sia accompagnata dalla condivisione di metodi e approcci e dal riconoscimento delle rispettive competenze, a pregevoli risultati. Così come dimostrano quanto sia ancora più urgente la collaborazione, in chiave formativa e di ricerca educativa e didattica, tra mondo della scuola e università.