In piazza, contro la morale. Manifestazione femminista, 1975. Foto G. Salomon

COSA RESTA DELLE RIVENDICAZIONI DEL FEMMINISMO

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Un dialogo a margine della mostra “Università Città” per il cinquantenario dell’Ateneo trentino
di Elisabetta Brunelli

In locandina la foto di una manifestazione femminista andata in scena in una piazza di Trento nel 1975. In sala sentimenti e umori diversi: la nostalgia per la vivacità degli anni Sessanta e Settanta; la soddisfazione per i risultati ottenuti sul piano del riconoscimento dell’identità, della dignità e dei diritti delle donne nella società; l’amarezza e il pessimismo per alcune conquiste mancate; la consapevolezza delle nuove sfide; la capacità di guardare avanti con speranza dando fiducia alle giovani generazioni. Il dialogo “50 anni di… Donne. Cosa resta delle rivendicazioni del femminismo” giovedì 31 gennaio ha richiamato un pubblico numeroso. Finora è stato l’incontro più affollato, anche se gli appuntamenti organizzati all’ingresso del Dipartimento di Lettere e Filosofia (via Tommaso Gar. 14), a margine della mostra “Università Città”, proseguiranno fino al 28 febbraio e quindi è ancora presto per un bilancio.

Di certo il dialogo sulle donne con Chiara Saraceno (Honorary fellow al Collegio Carlo Alberto di Torino e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo di Trento) e Barbara Poggio (coordinatrice del Centro Studi Interdisciplinari di Genere dell'Università di Trento) - moderato dalla giornalista Milena Di Camillo - ha suscitato molto interesse. Sullo sfondo le domande: i traguardi che le femministe si proponevano sono stati raggiunti? Oggi c’è piena cittadinanza per le donne?

“Alcune delle istanze si sono sedimentate, istituzionalizzate, tradotte in leggi, hanno dato vita ad associazioni” risponde Barbara Poggio, che traccia una panoramica sugli organismi e le realtà attive in Trentino e osserva molta voglia di fare qualcosa insieme per le donne anche tra le più giovani. Non un ritorno del femminismo, ma modalità nuove di comunicazione e di partecipazione. Ne è un esempio l’iniziativa organizzata per il 14 febbraio “1 billion rising – Un miliardo contro la violenza su donne e bambine”.

“Quando venni a insegnare a Trento – esordisce Chiara Saraceno – eravamo due donne in tutto il corpo accademico ed eravamo precarie, guardate con ambivalenza non solo dai docenti, ma anche dagli studenti”. Poi racconta un aneddoto di inizio anni Settanta: “Era così lontano dalla mentalità accademica che si scegliesse la condizione della donna per una laurea, che per una tesi sulla coscienza di sfruttata mi chiesero di fare da correlatrice per argomentare la legittimità del tema in sede di laurea. Ricordo il terrore dei miei colleghi. Sembrava un tema poco scientifico”. Le cose sono cambiate, eppure “tuttora mi chiedono perché io continui a occuparmi di donne. Sembra una cosa minore”. E ancora oggi “nei luoghi dove si prendono le decisioni, nella politica, nell’economia, la disuguaglianza di genere è ancora molto forte” osserva. Parla di un problema di visibilità. Dice: “Il problema non è la quota femminile, ma la quota maschile. Abbiamo bisogno di regole contro il monopolio maschile”. Cita la legge 40 sulla fecondazione artificiale. Ricorda: “Prima delle modifiche, alcune norme di quella legge erano lesive del diritto all’integrità personale, a dire sul sé e sul proprio corpo”. Insomma, si sono compiuti progressi, “ma ci sono sempre nuovi ostacoli che occorre saltare. Occorrerà ancora lottare”.

Le fa eco Barbara Poggio. “Restano ancora molte questioni irrisolte (come la segregazione verticale e la contrapposizione tra conciliazione e carriera) ed emergono nuove criticità (la condizione delle donne immigrate, una precarietà lavorativa che tende ad intrappolare soprattutto le donne, la rappresentazione mediatica del corpo femminile, il dramma del femminicidio..) che rendono ancora attuali diverse istanze del femminismo, che vanno tuttavia rielaborate alla luce dei nuovi contesti così come delle modalità e delle pratiche comunicative emergenti”. Riprende: “Forse era una lotta più dura quella di una volta, ma “i nemici” erano più chiari. Ora è tutto più fluido e complicato. La realtà delle donne è talmente frammentata che la sfida è fare memoria del femminismo, riuscendo ad andare oltre, a trovare nuove parole e condividerle”.