LA MUSICA DELLA MATEMATICA

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Un dialogo tra il matematico Piergiorgio Odifreddi e la pianista Francesca Aste nell’ambito dei seminari su “Scienza, Tecnologia e Società”
di Anna Priante

Lo scorso 12 dicembre si è tenuto l'incontro conclusivo del ciclo di seminari organizzato dal progetto interdisciplinare di Ateneo “Scienza Tecnologia e Società” (la registrazione dell'evento è accessibile attraverso il link posto al termine dell'articolo, ndr).

Giunto ormai al sesto anno, il ciclo era dedicato quest’anno al tema “Scienza e vita quotidiana” con incontri dedicati al rapporto tra ricerca e sviluppo economico, tra fisica e gioco del calcio e a un’analisi delle incomprensioni tra scienza e società in forma di dialogo teatrale. 

Piergiorgio Odifreddi.Nella cornice ormai consueta della sala conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, un pubblico particolarmente numeroso e attento ha accolto il matematico e saggista Piergiorgio Odifreddi e la pianista e compositrice Francesca Aste, introdotti dal coordinatore del progetto, Massimiano Bucchi. 

I due relatori hanno esplorato l’intreccio tra musica e matematica con numerosi esempi musicali eseguiti e commentati dal vivo. Un intreccio che risale all’antichità e attraversa la storia della musica: dal monocordo di Pitagora al contrappunto di Johann Sebastian Bach, passando per le serie della dodecafonia di Arnold Schönberg, fino ad arrivare ai giorni nostri, con le musiche minimali del compositore - nonché matematico di formazione - Philip Glass e le canzoni dei Beatles. Attraverso un linguaggio semplice ed efficace, Piergiorgio Odifreddi è riuscito a rendere concreti numerosi concetti matematici, grazie al dialogo sempre efficace con Francesca Aste e con il suo pianoforte. 

Moltissime le modalità di interazione tra i due mondi. Basti ricordare che ogni spartito musicale si apre con una frazione: due numeri, separati verticalmente da un trattino, che in musica permettono di dare un senso alle note attraverso la specificazione di un ritmo. In ogni battuta le note sono organizzate nel rispetto di una determinata durata, data appunto dalla frazione matematica di apertura. 

Brani di Mozart, Bach e Bartòk accompagnano le spiegazioni dei due. “Mescolare i numeri diventa un gioco acustico, che crea un effetto di accenti” spiega Francesca Aste. “Tuttavia alcuni musicisti fanno dell’elemento matematico una vera e propria urgenza artistica e poetica, altri giungono a subordinarvi la musica stessa. Ad esempio Mozart più volte cambia tempo e accenti per arricchire e variare la frase musicale, come nella Sonata eseguita a mo’ di esempio. Diversamente, Philip Glass usa le sovrapposizioni poliritmiche (come figure binarie su gruppi irrazionali come le terzine) non come variazione, ma come sostanza stessa della sua composizione, attraverso la ripetizione di pattern ritmici e melodici.”.

Francesca AsteI brani di Glass sono spesso fondati su reiterazioni cicliche e ciò a differenza delle composizioni di Mozart, che enfatizzavano invece la continua variazione. Sono “rotture di simmetria”, spiega Odifreddi, “che spesso allontano l'ascoltatore dall'immediata orecchiabilità tipica della musica classica di tradizione occidentale, che riconosce consonanze e dissonanze, per usare i termini di Pitagora”. Come sottolinea lo stesso Odifreddi, in Glass è presente anche una fascinazione per temi e personaggi della scienza: una delle sue composizioni più conosciute è l’opera Einstein on the Beach, del 1976, realizzata con Robert Wilson. 

È anche in virtù di queste simmetrie e asimmetrie che la musica è legata alla geometria. “Se l'algebra è la branca della matematica più visibile e strutturale nella notazione musicale, la geometria rappresenta un mondo più nascosto e forse più ludico dello spartito musicale” continua Odifreddi. “Se uno spartito musicale fosse stampato su un foglio di carta trasparente, potremmo leggerlo anche da sotto a sopra senza perdere senso, a differenza di un testo; ma potremmo suonarlo anche capovolgendo il foglio o suonandone la versione riflessa in uno specchio”.

Soprattutto in certi tipi di musica, come quelle del periodo barocco e dodecafonico, si ritrovano strutture geometriche che vengono identificate con i cosiddetti modi retto, retrogrado, inverso, inverso retrogrado. Francesca Aste ne dà una dimostrazione particolarmente brillante e divertente, eseguendo per tre volte, in forme diverse, una melodia che suona vagamente familiare ma che nessuno riesce a riconoscere. Finché, all’ennesimo capovolgimento, il pubblico scopre con divertimento che si trattava di “Fra Martino campanaro”. E applaude con entusiasmo i due protagonisti di questo appassionante viaggio tra musica e matematica.

 

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