Lectio magistralis di Fatou Bensouda, foto Agf Bernardinatti, archivio Unitn

DIRITTI E COOPERAZIONE TRA STATI

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Conversazione con il procuratore capo della Corte penale internazionale Fatou Bensouda ospite della Scuola di Studi internazionali dell'ateneo
di Alice Ruzza

Il 26 febbraio scorso, ho avuto il piacere di incontrare Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI). Il procuratore Bensouda è stata invitata dalla Scuola di Studi internazionali dell’Università di Trento a tenere una Lectio magistralis su “The Court’s achievements, challenges and prospects for the future” che si è tenuta presso la nuova sede del Dipartimento di Lettere e Filosofia e della Scuola.

All’incontro con il procuratore Bensouda erano presenti anche Mauro Politi, già giudice della Camera Preliminare della Corte penale internazionale, e Giorgio Marrapodi, direttore generale per gli affari giuridici presso il ministero degli Affari Esteri. Il professor Politi descrive la sua esperienza alla Corte come “emozionante e gratificante”, un’avventura che ha lasciato “un grande senso di realizzazione”. Giorgio Marrapodi sottolinea che “l’Italia punta a rafforzare ulteriormente la sua azione congiunta con la Corte”. Poi la mia intervista ha inizio.

Procuratore Bensouda, il suo mandato alla Corte penale internazionale è iniziato lo scorso giugno. Quali difficoltà ha dovuto affrontare?
La sfida più grande è la cooperazione. Soprattutto rafforzare la cooperazione tra gli Stati firmatari è impegnativo. La raccolta delle prove e il trasporto dei testimoni alle audizioni sono altre difficoltà importanti, così come gli sforzi per difendere la reputazione della Corte.

Lei è stata Senior Legal Adviser presso il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR). Come descriverebbe la sua crescita professionale?
Posso dire di aver avuto una carriera splendida. Le esperienze presso l’ICTR e precedentemente presso il Ministero di Giustizia del Gambia sono state entrambe utili per prepararmi al mio attuale ruolo. Ho acquisito capacità diplomatiche e questo mi sta aiutando nello svolgimento delle mie funzioni. C’è un file rouge che collega queste esperienze ed è la battaglia contro i reati di genere.

La sua preoccupazione per i diritti umani è nota. Come si aspetta di poter contribuire a questa causa durante il suo mandato presso la Corte penale internazionale?
L’etichetta ‘diritti umani’ deve essere interpretata in conformità con il mandato della Corte penale internazionale. Qualora tali crimini superino la soglia di gravità, la Corte penale internazionale potrà intervenire senza violare il principio di complementarietà. Mi aspetto di aumentare la consapevolezza della necessità per gli Stati di affrontare efficacemente le violazioni dei diritti umani a livello nazionale.

La sua carriera nel campo del diritto penale internazionale è fonte di ispirazione per gli studenti di diritto. Che tipo di formazione e quali competenze sono necessarie per seguire questa strada?
Si deve individuare prima possibile l’obiettivo e impegnarsi di conseguenza. Una buona istruzione è fondamentale poiché ‘non ci sono pasti gratis’, cioè nulla si ottiene facilmente. Ero al liceo quando ho capito che il mio desiderio era dare giustizia alle vittime di abusi sessuali. Direi che l’impegno è sempre importante nella vita, ma per diventare procuratore presso la Corte penale internazionale è essenziale. Questo ruolo richiede esperienza, preparazione, intuizione e integrità: senza queste abilità non si può agire in modo trasparente né si possono trattare questioni complesse ed emotive in modo irreprensibile.

Si tratta di un lavoro molto impegnativo. Quali rinunce o compromessi ha dovuto accettare?
La mia famiglia è sempre stata di grande aiuto, anche se non ho abbastanza tempo da trascorrere con i miei cari. La mia vita sociale è limitata e la mia sicurezza personale viene spesso messa in pericolo. Tuttavia, mi gratifica lavorare per un bene superiore.

La sua esperienza dimostra che le donne possono combinare una carriera internazionale e una vita privata. C’è qualcosa che vorrebbe suggerire alle giovani donne impegnate in studi giuridici internazionali?
Le donne tendono a pensare di poter raggiungere solo un certo livello professionale. Oggi abbiamo esempi che contraddicono questa visione. Non ci sono ‘soffitti di vetro’, fino a quando ci si concentra sul proprio obiettivo e si lavora per raggiungerlo. Pertanto, vorrei dire a quelle giovani, ‘Che aspettate, forza!’.