LAVORO E ISTRUZIONE NELLE ECONOMIE AVANZATE

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La lezione del Nobel per l’Economia Micheal Spence alla Scuola di dottorato in Scienze sociali
di Edoardo Gaffeo

Lo scorso 8 febbraio la Scuola di dottorato di Scienze sociali ha ospitato la Lectio magistralis di Michael Spence, professore di Economia alla Stern School of Business della University of New York e premio Nobel per l’Economia nel 2001. Nel sua lezione il professor Spence - uno dei massimi studiosi mondiali di economia dell’informazione e dello sviluppo, e già a capo della Independent Commission on Growth and Development - ha sottolineato come la continua interazione tra le nuove tecnologie e la sempre più spinta globalizzazione dei mercati stia influenzando pesantemente le opportunità lavorative sia dei cittadini dei Paesi avanzati che di quelli in via di sviluppo. Le innovazioni tecnologiche non solo determinano una riduzione del numero dei posti di lavoro routinari e a basso valore aggiunto - sostituiti in modo via via più intenso dall’automazione - ma causano anche cambiamenti radicali lungo le catene del valore globale. Nei settori esposti al commercio internazionale di molte economie industrializzate ciò comporta sia la continua ri-localizzazione di posti di lavoro routinari ma anche, e in misura sempre maggiore, di posti di lavoro a più alto contenuto di specializzazione e di capitale umano.

In effetti, come dimostrato dal professor Spence, nelle economie avanzate i settori cosiddetti tradable (cioè quelli in cui si producono beni e servizi che possono essere commercializzati sui mercati internazionali) non sono in grado di generare aumenti reali netti di occupazione da almeno due decenni. I nuovi posti di lavoro si sono concentrati principalmente nel settore dei beni e servizi non-commerciabili -  che rappresentano circa i due terzi della produzione e dell’occupazione dei Paesi avanzati - anche se occorre osservare come in quest’area i redditi e il valore aggiunto per addetto siano rimasti in gran parte fermi. D’altro canto la crescita della domanda interna, sorretta fino alla crisi globale partita nel 2008 da un notevole aumento del debito e ora non più sostenibile, ha contribuito a ritardare fino ad ora la ricomposizione degli attuali disavanzi occupazionali. Le economie avanzate hanno visto perciò diminuire ad un ritmo molto intenso i posti di lavoro routinari, e aumentare nel contempo il numero degli occupati in attività lavorative non di routine. Ciò ha a sua volta alimentato una formidabile crescita del rendimento associato a livelli di istruzione e di competenza elevati, unitamente al fatto che da più di due decenni è in aumento la quota di reddito totale percepito dai proprietari di capitale e dagli impiegati di fascia alta.

La forza principale alla base di queste tendenze - la tecnologia - gioca un duplice ruolo. Da un lato la sostituzione di posti di lavoro manuali e di routine con macchine e robot costituisce una tendenza ormai consolidata, addirittura in accelerazione nei campi della produzione industriale e della logistica; mentre l’uso sempre più massiccio dell’informatica e di Internet permette la sostituzione di posti di lavoro impiegatizi nel trattamento delle informazioni e della vendita al dettaglio (si pensi al tema delle vendite on line). D’altro lato, tuttavia, le stesse tecnologie informatiche che consentono l’automatizzazione e la riduzione dei costi per le comunicazioni a grandi distanze favoriscono la realizzazione di sempre più complesse e geograficamente diversificate catene del valore e reti di approvvigionamento globale. Grazie alla crescita del reddito e allo spostamento dei vantaggi comparati a favore dei Paesi in via di sviluppo, le attività produttive tendono a posizionarsi dove le risorse umane e la crescita dei mercati finali rendono tali attività maggiormente competitive. I legami lungo tali catene comprendono non solo i prodotti intermedi, ma anche una gamma crescente di servizi ad alto valore aggiunto, quali le attività di ricerca e sviluppo, progettazione, manutenzione e supporto.

In che modo, allora, la politica economica può affrontare queste nuove sfide al fine di garantire i livelli occupazionali - e quindi una corretta distribuzione del reddito e della ricchezza - nelle economie sviluppate? Nella visione di Spence le scelte di investimento e di politica industriale da prendere nei prossimi anni giocano un ruolo nodale per l’adattamento a queste forze. Per gli individui, le imprese, le istituzioni educative ed i governi dei Paesi avanzati sono fondamentali investimenti ad ampio raggio in materia di istruzione e specializzazione. L’incremento generalizzato dei livelli di capitale umano migliorerà la distribuzione del reddito sia direttamente che indirettamente, ad esempio riducendo l'offerta rispetto alla domanda di lavoratori a bassa qualificazione. E permetterà anche di ridurre la concentrazione della ricchezza derivante da una distribuzione del reddito fortemente asimmetrica. Inoltre, per quanto attiene il settore dei beni e servizi aperti al commercio internazionale la competitività dipenderà non solo dal capitale umano, ma anche da una serie di altri fattori quali le infrastrutture, i sistemi di imposizione fiscale, l’efficienza normativa, la diminuzione dell’incertezza indotta dalla politica, e l’abbattimento dei costi dell’energia e della sanità. Solo con precise e mirate scelte sarà possibile mantenere la coesione sociale e sostenere i valori fondamentali di equità e di mobilità intergenerazionale alla base di un sistema economico inclusivo.