Presentazione Senato accademico, foto Agf Bernardinatti, archivio Unitn

UNIVERSITÀ: UNA COMUNITÀ DI PERSONE

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Ritrovare il senso di appartenenza e sviluppare internazionalizzazione e relazioni con il territorio
intervista di Marinella Daidone a Daria de Pretis, rettrice dell’Università di Trento

Eletta lo scorso 28 febbraio nuova rettrice dell’Università di Trento con un ampio consenso, Daria de Pretis subentra alla guida dell’Ateneo al professor Davide Bassi, ordinario di Fisica sperimentale e rettore dal novembre 2004. 

Daria de Pretis, professore ordinario di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, ha già svolto numerosi incarichi istituzionali, è stata a lungo preside vicario della Facoltà di Giurisprudenza, vicedirettore del Dipartimento di Scienze giuridiche e direttore della Scuola di specializzazione per le Professioni legali delle Università di Trento e di Verona.

Con il mese di aprile ha iniziato il suo mandato in qualità di rettrice. Le abbiamo rivolto alcune domande.

Professoressa de Pretis, nel suo programma Lei definisce “l’università” una comunità capace di immaginare il futuro. Ci può spiegare questo concetto?
Ritengo che occorra pensare all’università come a una comunità di donne e di uomini liberi e impegnati, nel rispetto dei diversi ruoli, in un progetto comune che ha al centro l’elaborazione e la trasmissione della conoscenza.

Gli anni che abbiamo davanti non saranno facili. La nostra università - come tutte le altre università, il nostro Paese e la stessa Europa - dovrà affrontare momenti difficili. Come rettrice, e prima ancora come appartenente a questa comunità, so che il mio primo dovere è rinnovare in ciascuno di noi l’orgoglio e il senso di appartenenza all’Università di Trento. Sono sicura che tutti insieme, facendo ciascuno il suo dovere con convinzione e passione, possiamo nonostante tutto guardare al futuro con fiducia

Come valuta la situazione e il posizionamento attuale dell’Ateneo e quali le linee di sviluppo?
Oggi il nostro Ateneo gode di una buona reputazione, è conosciuto a livello internazionale ed è inserito in una rete internazionale di alleanze pressoché unica nel panorama italiano delle università delle sue dimensioni anche per il buon lavoro che è stato fatto da chi mi ha preceduto.

Le linee di sviluppo verranno definite nel piano strategico di Ateneo. Un documento essenziale per la vita dell’Ateneo, a cui inizieremo a lavorare con il Senato accademico, che verrà elaborato in modo partecipato raccogliendo le istanze che arrivano dalle strutture, Dipartimenti e Centri, e dagli altri organi di Ateneo, e che dovrà poi essere approvato dal Consiglio di amministrazione. 

È evidente che dovremo fare anche scelte difficili, che non si potrà “accontentare” tutti, ma dovremo andare avanti con fiducia tenendo presente le “virtù” che ci hanno caratterizzato nei momenti migliori della nostra storia. Penso ad esempio al coraggio di aprire strade nuove, di non dare niente per scontato, di mettere in discussione ogni punto di arrivo, alla capacità di individuare e fare crescere il talento e all'esercizio di una buona ed efficiente amministrazione.

Ritiene importante per l’ateneo la strada dell’internazionalizzazione?
Certamente. È necessario proseguire nel cammino dell’internazionalizzazione già intrapreso dall’Ateneo, rafforzando le relazioni esistenti e incrementandole in quantità e qualità. In funzione di questo obiettivo va ulteriormente valorizzato come elemento di merito il grado di internazionalizzazione delle singole strutture e la loro capacità di interagire con la scena internazionale da tutti i punti di vista (della didattica, della ricerca, del reperimento di risorse, della visibilità generale).

Io ho voluto dare un segnale in questa direzione già con le nomine nel Senato accademico dei professori Paolo Collini, Flavio Deflorian e Carla Locatelli. Come prevede lo Statuto, il Senato è composto da docenti eletti dalle componenti accademiche, dai rappresentanti degli studenti e da tre docenti nominati dal rettore. Nel fare queste nomine io ho guardato in primo luogo all’impegno profuso da questi colleghi nell’internazionalizzazione.

Qual è il suo parere sul nuovo Statuto e sul particolare legame dell’Università con la Provincia autonoma, elementi che differenziano Trento rispetto ad altri atenei italiani.
Le norme del nuovo Statuto vanno tradotte nella pratica della vita concreta. Gli esiti e la qualità di tale traduzione dipenderanno dai modi con cui ciascuno interpreterà il proprio ruolo, dalla capacità di definire un progetto comune e di lavorare insieme per realizzarlo. 

Per quanto riguarda il rapporto con la Provincia autonoma si tratta del rapporto tra due autonomie costituzionalmente garantite. Occorre la consapevolezza reciproca della rispettiva condizione di autonomia e anche dei vantaggi che da essa ci derivano reciprocamente.

Vorrei però precisare che la società che ospita l'Università non si risolve nella sola Provincia autonoma di Trento, ma si identifica con una comunità più ampia con la quale dovremo essere capaci di sviluppare molto di più le relazioni.

In un momento come quello attuale, quale messaggio vorrebbe comunicare agli studenti?
Nella funzione formativa dell’università il ruolo degli studenti è centrale, senza studenti non ci sarebbe università. Ritengo che gli studenti debbano essere protagonisti attivi della vita complessiva dell’università, sia individualmente, sia nelle rappresentanze negli organi di dipartimento e di Ateneo, sia nelle altre forme aggregative che ne permettano la migliore partecipazione. Il nostro compito è quello di lavorare per offrire loro il massimo livello di formazione e per far sì che siano nelle condizioni di studiare e vivere nel modo migliore gli anni di università. Il nostro obiettivo è formare buoni anzi ottimi laureati; un buon titolo di studio ha un valore anche, e forse soprattutto, nei momenti di crisi. 

E per quanto riguarda le altre componenti dell’ateneo, ossia docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo?
Se l’università è una comunità di persone è evidente che il capitale umano è essenziale per la vita dell’università, così come lo è, da parte della governace, la capacità di ascolto. Occorre in primo luogo istituire gli organi previsti dallo Statuto e definire il quadro normativo per il loro funzionamento. Mi riferisco in particolare al Comitato per il reclutamento e lo sviluppo delle carriere, per quanto riguarda i docenti, alla Consulta dei ricercatori a tempo determinato, dei dottoranti e altri collaboratori di ricerca e alla Consulta del personale tecnico-amministrativo. Credo che questo vada fatto in fretta perché in questo momento manca la voce di queste componenti, che sono essenziali per la vita dell’Ateneo e che aspirano giustamente a parteciparvi.

Lei è una delle pochissime donne a capo di un Ateneo italiano (4 su 78) e ha condotto anche studi di genere. Un traguardo personale ma anche per le donne?
È importate che le donne ci siano, nelle istituzioni e nei luoghi in cui si prendono decisioni. Mi piacerebbe che di questa mia lezione fosse colto anche il valore simbolico e che potesse essere un esempio per tante donne, in particolare le più giovani, per dimostrare che ci si può mettere in gioco.