Una scena del film “Where heaven meets hell”

WHERE HEAVEN MEETS HELL

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Un documentario sui minatori dell’isola di Java vince il Premio Studenti al Trento Film Festival
di Mara De Rosa e Federico Sartore

Il Trento Film Festival, ha confermato anche quest'anno la sua assoluta rilevanza come rassegna cinematografica riguardante la montagna, l’avventura e l’esplorazione. Superando le stime dell'anno passato, in questa 61esima edizione, tenutasi dal 25 aprile al 5 maggio, il festival è cresciuto ancora, sia numericamente che per importanza.

È stato infatti registrato un considerevole aumento delle presenze alle proiezioni del cinema Modena, agli incontri letterari, ai convegni e al Parco dei Mestieri.

Nel panorama delle giurie indipendenti si è inserita, come da tradizione, anche la giuria studentesca composta dai rappresentanti delle Università di Trento, Innsbruck e Bolzano; il cui compito è stato di esaminare tutte le opere di giovani registi al di sotto dei trentatré anni, per decretare quale meritasse il Premio Studenti, promosso dai tre atenei, per il particolare valore artistico e culturale espresso.

La giuria era formata dai seguenti studenti: per l’ateneo di Trento Mara De Rosa, Omar Camozzi, Federico Sartore; per quello di Bolzano Francesco Elipanni, Francesca Centonze, Egle Kirkdulyte; e per quello di Innsbruck Anna Ladinig, Sara Paterno, Andrea Sborchia.

La pellicola vincitrice, il documentario “Where heaven meets hell” (80') realizzato dal ventottenne Sasha Friedlander, si è imposta sulle rivali quasi per acclamazione.

Il film racconta le vite di un gruppo di minatori che, nel cuore delle foreste pluviali dell'isola di Java, inerpicandosi lungo i pendii del vulcano attivo Kawah Ijen, lo ridiscendono carichi come animali con oltre 70kg di zolfo sulle spalle per guadagnare non più di 5 dollari ogni 3 ore.

L'incedere ritmico per contrasti conduce lo spettatore tra paesaggi paradisiaci e quotidiane miserie, alla scoperta di mondi precari retti sul filo di una tempesta estiva.

“Where heaven meets hell” è un raffinato pugno nello stomaco di chi guarda; l'antitesi evocata dal titolo rivive anche sotto il profilo artistico: la qualità visiva dell'immagine, l'affascinante fotografia, la naturalezza dell'incedere narrativo non alleviano, ma, al contrario, esaltano la sensazione di disagio trasmessa dalle immagini di uomini che lentamente muoiono ogni giorno per poter dare sostentamento alle proprie famiglie.

La drammaticità della situazione è resa più intensa dall'impotenza dei protagonisti a spezzare il ciclo dello sfruttamento e dell'analfabetismo, che si perpetua di generazione in generazione.

La scelta di premiare quest'opera è risultata pienamente condivisa; le tematiche trattate, la sensibilità della regia e l'attenzione ai dettagli sono emerse con assoluta naturalezza.

Tali caratteristiche, presenti in tutte le pellicole, stupiscono inoltre nella silenziosa intensità dei 14' di “Montaña en Sombra” di Patiño Lois, sorprendente pinacoteca d'ombre.