PERCEZIONE E MONDO VEGETALE

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Una lezione del ciclo Neuroscience&Society con il professor Stefano Mancuso, esperto in neurobiologia vegetale
di Nicla Panciera
Approfondimento: 

Si chiama cecità alle piante, dall’inglese Plant Blindness, quel fenomeno secondo il quale noi esseri umani quasi non percepiamo il mondo vegetale. Guardando quest’immagine, chi si accorge del bosco? Senza volerlo, selezioniamo immediatamente i cerbiatti. La ragione evolutiva è quella che ci impone di allocare le nostre limitate risorse attentive lì dove gli stimoli sono più rilevanti per la sopravvivenza. Inoltre, la nostra relazione con il mondo vegetale, che costituisce il 99.5% della biomassa e sta alla base della catena alimentare, è di assoluta dipendenza eppure, nei suoi confronti, nutriamo ancora quel pregiudizio di origine aristotelica che lega la cognizione allo spostamento.
Stefano MancusoUno dei padri della neurobiologia vegetale, il professor Stefano Mancuso dell’Università di Firenze, dedica la sua vita di ricercatore allo studio di questi organismi complessi, la cui capacità di risolvere problemi li pone a pieno titolo tra gli esseri intelligenti, nonostante la mancanza di cervello. Invitato proprio dal Centro Mente e Cervello a tenere lo scorso 28 ottobre una lezione del ciclo Neuroscience&Society, il professor Mancuso ha illustrato le ragioni del nostro sistematico errore di prospettiva: "Consideriamo le piante passive, alla mercé degli ambienti naturali e della predazione animale. Tuttavia, non avere chiaro il loro ruolo nella biosfera rischia di essere un grande svantaggio".

Infatti, le piante elaborano strategie, memorizzano, apprendono. Sono molto più sensibili degli animali nel percepire i cambiamenti esterni, perché - prive della risposta di fuga - reagiscono modificando drasticamente sia la loro anatomia che la loro fisiologia in tempi molto brevi.

Le piante comunicano tra di loro, ad esempio la presenza di un pericolo, ma in modo diverso a seconda del grado di vicinanza genetica. Una dimensione sociale, sostiene il professore, che agisce anche nelle complesse dinamiche di spartizione del terreno, come diventa evidente quando un girasole nato in un vaso viene messo in un campo e muore, incapace di mettersi in relazione con gli altri per lo spazio.

La resistenza nel riconoscere queste capacità è palese e non certo recente. Lo stesso Linneo fu più propenso a suggerire una sorta di mancanza di volontà di vivere, giungendo ad ipotizzare il suicidio degli insetti all’interno delle piante carnivore, piuttosto che riconoscerne la predazione attiva. Eppure, sappiamo che la loro interazione con il mondo animale è così raffinata da poter essere considerata una manipolazione. Le piante usano letteralmente gli animali, guidandone il comportamento. Gli uomini e gli altri animali sono i vettori di cui si servono le piante per colonizzare il pianeta. "Per una volta, guardiamo all’impollinazione dal punto di vista delle piante. Esse possono assumere le fattezze delle femmine degli insetti e produrre ferormoni per adescarli. Ne valutano la capacità impollinativa e possono aumentare la produzione di certe sostanze presenti nel nettare per convincere l’insetto, inconsapevole consumatore di droghe, a ritornarvi. Tutti voi ricorderete il recente studio pubblicato da Science sull’effetto della caffeina nel potenziare la memoria delle api, intente a visitare le piante dei generi Citrus e Coffea. Le piante spendono molta energia per produrre così tante molte molecole chimiche con capacità neuroattive". E per Mancuso non ci sono ragioni valide per credere che gli esseri umani sfuggano a questo tipo di azione, sostiene il professore. "Tutte le droghe di cui l’uomo fa uso sono di origine vegetale. A differenza degli animali, le piante sono energeticamente autonome e per sopravvivere e prosperare devono essere predate. Tra certe piante e animali si instaurano delle relazioni stabili, esclusive, basate su un rapporto di dipendenza dell’insetto, come nel caso di molte specie di formiche del genere pseudomyrmex o azteca e l’acacia cornigera che dalla fedeltà assoluta del formicaio, alle cui necessità essa provvede generosamente, riceve in cambio un’efficiente difesa anche da enormi predatori. I meccanismi alla base di questa strategia delle piante è quanto vogliamo approfondire ed è anche la ragione della mia visita al CIMeC. Con i neuroscienziati del CIMeC che studiano il cervello degli insetti abbiamo infatti avviato una collaborazione su questi temi. Scoprirne di più avrà delle ripercussioni sulla comprensione dei meccanismi di funzionamento delle droghe negli esseri umani".