GLI ANNI SETTANTA A PADOVA

in
Testimonianze e analisi socio-culturale di lotte e conflitti di un periodo storico
di Antonio Cassatella

Nell’ambito degli incontri dedicati a "Memoria e diritto" tenuti presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, lo scorso novembre è stato presentato e discusso il libro di Silvia Giralucci "L’inferno sono gli altri". Il libro analizza il contesto storico-politico della Padova degli anni ’70 e dei conflitti che videro contrapporsi, da un lato, i movimenti studenteschi e dell’Autonomia operaia, e, dall’altro, diverse personalità provenienti dall’università, dal sindacato, dalla magistratura.

Il tutto è colto da una prospettiva peculiare, che vede l’autrice direttamente coinvolta in molte delle vicende narrate. Figlia di Graziano Giralucci, che assieme a Giuseppe Mazzola fu ucciso dalle Brigate Rosse in un’azione terroristica compiuta nella sede del MSI di Padova nel giugno del ’74, l’autrice compie un viaggio a ritroso nel tempo: attraverso una serie di interviste a chi visse in prima persona quei conflitti e quelle lotte, la ricostruzione del passato diventa una ricerca delle cause e degli effetti del proprio dramma personale e, al contempo, un’analisi del tessuto sociale e culturale della propria città d’origine.

Di qui, la stessa esigenza di dedicare l’incontro ad una serie di riflessioni "attorno a Padova", e, più in generale, alle trasformazioni socio-culturali che caratterizzarono il Veneto fra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70.

Il libro è stato discusso, alla presenza dell’autrice, da Giuseppe Lifonso, insegnante che negli anni ’70 studiò presso l’Università di Padova e conobbe molti dei protagonisti dei fatti narrati, e che ha quindi fornito una testimonianza diretta di quelle vicende; da Sergio Bonini, ricercatore di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, che ha dedicato una riflessione al cosiddetto processo del "7 aprile 1979" che vide molti membri dell’Autonomia operaia imputati per una serie di reati connessi ad attività terroristiche; da Antonio Cassatella, ricercatore di Diritto amministrativo presso la stessa Facoltà di Giurisprudenza, che ha invece soffermato la propria attenzione sul rapporto fra la "rivoluzione" tentata dal movimento e l’assetto costituzionale che l’Autonomia operaia tentava di rovesciare.

Anche grazie a numerosi interventi del pubblico presente – in alcuni casi a propria volta testimone diretto dell’epoca – la discussione ha mostrato la dimensione pluralistica del "fare memoria". L’intervento di Giuseppe Lifonso ha evidenziato come il giudizio sui movimenti studenteschi attivi fra il ’68 ed il ’77 non possa essere ridimensionato alle violenze ascritte ad una minoranza dei partecipanti, ma debba comprendere anche il contributo della maggioranza degli studenti all’ammodernamento delle istituzioni, all’interno delle fabbriche e dell’università; su questa linea si sono posti anche molti degli interventi del pubblico, mossi dal comune intento di distinguere le responsabilità penali della minoranza dalla più ampia attività di studenti ed operai negli anni successivi al ’68.

L’esigenza di distinguere le responsabilità penali dalle responsabilità sociali e politiche riferibili alle azioni dei singoli è stata sottolineata anche da Sergio Bonini, specie con riguardo alle indagini compiute dalla magistratura nei confronti di Autonomia operaia, culminate in quello che una parte della stampa dell’epoca definì un teorema a carico del leader del movimento Antonio Negri e dei suoi più stretti collaboratori, accusati di essere a capo di una struttura di "collegamento" fra Autonomia e BR. Bonini ha quindi ribadito la dimensione garantistica e la rilevanza costituzionale del processo e la necessità di distinguere la verità emersa dagli atti d’indagine e dai dibattimenti penali dalla più ampia verità storica.

Il rapporto fra valori costituzionali e vicende ricostruite nel libro è stato ulteriormente sviluppato nell’intervento di Antonio Cassatella, che ha sottolineato come tutti i bersagli e nemici dell’Autonomia operaia patavina ricoprissero ruoli strettamente connessi ad alcuni valori della Costituzione del ’48: professori universitari, sindacalisti, giornalisti, magistrati, furono oggetto di polemiche, attacchi personali e successive escalation di violenza non soltanto come singoli individui, ma come soggetti che esercitavano funzioni ed affermavano valori in contrasto con quelli alla base dell’Autonomia operaia.

L’incontro si è concluso con l’intervento di Silvia Giralucci, che ha ribadito le difficoltà del fare memoria, specie perché testimoni e narratori non possono essere mai completamente neutrali e terzi rispetto alle singole vicende ricostruite. La diversità dei punti di vista può trovare una possibile sintesi soltanto nel dialogo e nel confronto fra i portatori di differenti verità: è il rispetto di queste elementari regole a mitigare il conflitto e ad evitare ogni forma di violenza.