n°2

  innovazione didattica  
La tutorship a sociologia
di Giorgio Chiari

La sociologia non è una scienza come un'altra. Studia i processi di socializzazione, di selezione sociale, di emarginazione...
È chiamata quindi a capire i motivi del disagio universitario e a indicare alcune linee "virtuose" per superarlo, con i necessari investimenti emotivi, organizzativi e valoriali prima ancora che finanziari.

Per dare una struttura forte all'istituto della tutorship, per evitare che rimanga nel limbo delle buone intenzioni - una struttura virtuosa e virtuale delle nostre cattive coscienze di docenti e di studenti - occorre fare i conti con la teoria dell'azione cooperativa e dei gruppi di studio e di lavoro.
Prima di tutto, la presenza di valori cooperativi non può darsi assolutamente per scontata in un contesto sociale in cui l'individualismo e la competizione tendono ad essere principi ispiratori dell'azione di tutti - i docenti da una parte, gli studenti e le rispettive famiglie e comunità di provenienza dall'altra. Essere cooperativi, lavorare in forte sinergia, prendersi cura di altri implica la presenza di modelli di valore interiorizzati di tipo universalistico, difficilmente riscontrabili nelle generazioni di adulti che rappresentano gli attori del processo di tutorship. Gli adulti docenti, certamente, ma anche i quasi-adulti studenti, sospesi come sono in fragile equilibrio fra l'egocentrismo degli interessi personali quotidiani e la solidarietà dell'appartenenza al gruppo dei pari e di ideologie democratiche e universalistiche di tipo piuttosto astratto. La tutorship, insomma, in un contesto particolaristico e competitivo, non può produrre nulla di positivo, ancorché normato o addirittura imposto per legge.
Nella teoria dei gruppi cooperativi, che in quest'ultimo ventennio si è fatta strada negli ambienti educativi e formativi mondiali, prevalgono concetti forti, ideologici e organizzativi, che contraddicono radicalmente le tradizionali tendenze e le abitudini prevalenti nei nostri contesti sociali, educativi e universitari in particolare.
 


Il prof. Diego Quaglioni con un gruppo di studenti del suo corso

Il contesto cooperativo, tipicamente lewiniano, viene definito su un doppio binario valoriale (goals) e organizzativo (procedures). Da un lato è democratico, caldo, positivo (warm and supportive); dall'altro, per poter essere veramente efficace, è altamente strutturato e direttivo (ruling and controlling). In altri termini, la tutorship e l'assistenza amichevole agli studenti per l'intera durata del corso di studi, e cioè per almeno quattro lunghi anni, deve fondarsi su elementi altrettanto consistenti:
a) ideologia cooperativa condivisa e forte spirito di corpo fra docenti e fra studenti (within), ancor prima che fra docenti-tutori e studenti-tutorati (between);
b) forte stimolo organizzativo, altamente direttivo (in senso lewiniano, si capisce) che mantenga alta la coesione e la partecipazione assidua e responsabile dei gruppi di tutorato.
Due concetti base della teoria dell'apprendimento interattivo e del Cooperative Learning, il peer tutoring e l'eterogeneità dei gruppi, sembrano poter fornire un valido aiuto teorico e organizzativo per la realizzazione concreta di una tutorship positiva e durevole.
Il peer tutoring, struttura di interazione e di elaborazione cognitiva e sociale dimostratasi altamente efficace, utilizza le notevoli sinergie che derivano dallo stare assieme in un gruppo e lavorare in cooperazione a un progetto comune.
L'eterogeneità dei gruppi, applicata all'istituto della tutorship, produrrebbe gruppi di studenti "compagni di viaggio" (gruppi da 4 a 6 studenti) capaci di elaborare fin dall'inizio un progetto comune di carriera universitaria. Un'esperienza tanto più produttiva di citizenship, di competenze sociali e di atteggiamenti e comportamenti protosociali e pre-professionalizzanti quanto più "diversi" saranno i compagni, per condizioni, esperienze, culture, destini.
Queste microcomunità di studio e lavoro sociologico, guidate da gruppi di docenti/ricercatori (da 2 a 4 docenti) potrebbero trovare le condizioni positive per mettere in comune conoscenze ed esperienze, condividendo gli obiettivi di studio, innanzitutto, ma anche di prospettive professionali, sociali e anche esistenziali. In tal modo le sinergie del gruppo consentirebbero, naturalmente, di alleggerire il carico di lavoro e l'impegno dei docenti - limitati al ruolo di facilitatori, di autorevoli referenti adulti, che potrebbero limitare il loro intervento diretto a momenti di secondo - o di terzo - ordine.
Una prima proposta di attività che potrebbero essere realizzate e offerte ai vari gruppi di tutorship ruota attorno a quattro poli principali:
- colloqui con studenti-tipo più anziani, con laureati e con dottori di ricerca;
- contatti con sociologi e luoghi di lavoro sociologico significativo (A, B, C, D, E, ...);
- scambi con studenti (e sociologi) stranieri;
- interdipendenza e scambi fra vari gruppi di tutorship.