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  come cambia l'università 
Crediti, flessibilità e contratti
L'opinione di Zeno Perinelli, studente di Giurisprudenza e rappresentante in CdF

Accanto al progetto di riforma del ministro Berlinguer, in ambito accademico viene dato particolare risalto al documento elaborato dal Gruppo di Lavoro Ministeriale, coordinato da Guido Martinotti, su "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario". Bisogna precisare che non ci troviamo di fronte ad un progetto di legge, bensì, come gli stessi redattori affermano nella parte introduttiva, ad un documento redatto in previsione di una discussione allargata. Nel documento, diviso in tre parti, troviamo enunciati oltre a principi di carattere generale, anche proposte di interventi con provvedimenti specifici per riformare il sistema universitario italiano.
La proposta di riforma attribuisce ampia autonomia ai vari atenei nell'organizzazione didattica: il legislatore dovrebbe limitarsi ad indicare criteri generali cui le facoltà dovrebbero adeguarsi. Si otterrebbe così una differenziazione maggiore tra gli atenei, favorendone in tal modo la competitività, intesa come forma di incentivo alla trasparenza ed alla diffusione delle informazioni relative alle istituzioni formative, che serviranno agli studenti per vagliare le varie opportunità di indirizzi. Sicuramente una facoltà di giurisprudenza come quella di Trento, sarà avvantaggiata rispetto alle altre dato che, fin dalle sue origini, si è presentata come facoltà indirizzata a studi transnazionali.
Il Gruppo di Lavoro rispolvera un principio che dovrebbe già essere realtà da otto anni, quello dei crediti: infatti erano specificatamente previsti dalla legge n. 341 del 1990.
La flessibilità curricolare offerta dai sistemi dai crediti ha il vantaggio di permettere una maggior elasticità nella struttura del percorso formativo degli studenti. Un problema che riguarda giurisprudenza è però l'alto numero di esami fondamentali che la caratterizzano: a Trento sono sedici, ed è una delle facoltà che ne ha meno in Italia. Perciò il passaggio da un sistema così "rigido" ad uno molto più flessibile può essere ostico, gli esami di altri corsi di laurea dovranno essere mutuabili in numero non eccessivo (risulterebbe, per assurdo, difficile laureare uno studente di giurisprudenza che avesse sostenuto solo dieci esami del corso principale).
I rapidi cambiamenti del mercato del lavoro implicano la necessità di un continuo adeguamento dell'offerta formativa e perciò di una maggiore flessibilità curricolare, che si ottiene facilitando le procedure di approvazione e chiusura dei vari corsi una volta esauritasi l'utilità. Un discorso di utilità non è però estensibile ad ogni tipo di corso, soprattutto nelle facoltà umanistiche. Perciò, in conformità a quali criteri un ateneo potrà decidere se attivare o meno un determinato corso?
Uno dei principi più innovativi del documento è quello della contrattualità: lo studente definirà il proprio rapporto con l'ateneo in base ad un accordo bilaterale con prestazioni corrispettive, non più come passiva iscrizione ad un'università. Allo studente verranno proposte tre possibili modalità di iscrizione all'università: a)studente frequentante; b)studente a tempo parziale; c)studente lavoratore.
La facoltà di giurisprudenza, nelle varie proposte di riforma, dovrebbe passare dalle attuale ventisei annualità a diciotto o venti, e per coloro che volessero dedicarsi alla carriera forense dovrebbero essere istituiti corsi post-laurea della durata di due anni. In particolare la Facoltà di Trento istituirà questi corsi in collaborazione con la Facoltà di Giurisprudenza di Verona e probabilmente saranno attivati nell'ottobre del prossimo anno.