no6

  sistema ricerca  
Assegnazione fondi di ricerca
Riflessioni sui nuovi criteri del Murst:
è scopo dello Stato finanziare la ricerca universitaria?
Come si giudicano i "progetti migliori"?

di Roberto Tamborini

Sta per concludersi la seconda tornata di assegnazione dei fondi Murst per "progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale" secondo le nuove procedure di valutazione introdotte lo scorso anno. Le novità essenziali sono che il Murst nomina un Comitato di garanti, composto da esponenti delle diverse discipline i quali assegnano i progetti presentati a dei referee (esaminatori esterni anonimi, come avviene nelle riviste o nelle case editrici scientifiche), che gli esaminatori possono essere anche stranieri e che nessuno dei garanti ha il potere di sovvertire o impugnare il verdetto degli esaminatori su ciascun progetto. Come di regola, presto sentiremo le lodi incondizionate di tali procedure da parte di chi sarà stato finanziato (fino alla sua prossima bocciatura) e le veementi critiche e lamentele di chi sarà stato escluso (come si sa, il mondo è affollato di geni incompresi). La mia esperienza sia di postulante che di esaminatore nel nuovo sistema dei fondi Murst mi ha portato ad elaborare alcune riflessioni che, prima di conoscere i risultati delle domande in corso, vorrei aggiungere a quelle già fatte in precedenza da altri su questo foglio.
Una premessa: non è possibile continuare col precedente sistema di finanziamento della ricerca universitaria. In Italia la ricerca universitaria è quasi interamente finanziata da fondi pubblici attraverso tre canali: i fondi di dotazione degli atenei erogati attraverso i dipartimenti, i fondi erogati direttamente dal Murst di cui stiamo parlando, e i fondi Cnr. Globalmente i fondi per la ricerca sia pubblici che privati sono tra i più bassi del mondo occidentale. Fino ad oggi, i fondi pubblici suddetti sono stati erogati secondo il cosiddetto metodo "a pioggia", cioè un po' (poco) a tutti, seguendo una prassi caratterizzata da: poca o nessuna trasparenza nei criteri di assegnazione, assenza di valutazioni di merito dei progetti, assenza di valutazione e memoria dei risultati. Come sanno i nostri studenti di microeconomia, l'allocazione di risorse scarse tra usi alternativi è un problema doloroso perché solo in casi molto particolari la soluzione migliore consiste nel dividere la risorse disponibili in parti uguali e mai, in nessun caso, essa consiste in elargizioni indipendenti dalle caratteristiche degli impieghi delle risorse stesse.
Quindi ben vengano nuove procedure che scolpiscano nelle menti e nei cuori degli studiosi (e degli studenti) universitari alcuni semplici princìpi fondamentali. Primo, i fondi pubblici per la ricerca sono limitati e devono essere allocati tra usi alternativi. Secondo, trattandosi di fondi pubblici, il criterio di allocazione deve cercare di soddisfare qualche criterio di utilità sociale commisurata ai denari prelevati ai contribuenti.
Dunque, a mio avviso, il modo corretto di porre sotto esame le nuove procedure introdotte dal Murst è quello di verificare se e in che misura esse siano finalizzate al raggiungimento di tali princìpi. Dico subito qual è la mia opinione: lo sono solo a metà. E precisamente la metà corrispondente al primo principio. Per quanto riguarda la metà relativa al secondo, io non sono riuscito a trovare né nelle procedure di domanda né in quelle di valutazione quale sia la ratio allocativa del Murst. In parole semplici, la mia critica alle nuove procedure del Murst è questa: non c'è un'idea precisa del perché lo Stato debba finanziare la ricerca universitaria e, quindi, di quale tipo di ricerca debba finanziare.
Un piccolo ma significativo indicatore dello stato di confusione in cui ci troviamo è il seguente. Non credo di rivelare un segreto di Stato dicendo che gli esaminatori dei progetti ricerca debbono compilare un dettagliato questionario teso a identificare la qualità del progetto. Il punto 2 del questionario reca: "Rilevanza nazionale del progetto di ricerca". Dopo un primo momento di legittimo orgoglio per essere stato prescelto ad esercitare un così alto ufficio, l'esaminatore, se ha minime cognizioni di educazione civica, è assalito dalla domanda: "perché devo essere io a deciderlo?" Infatti, decidere ciò che è di rilevanza nazionale è il compito distintivo dei responsabili politici allo scopo eletti, non dei tecnici. Mettetevi nei panni di un umile economista: è di rilevanza nazionale studiare come vendere meglio il made in Italy o studiare la dottrina monetaria dell'Abate Galliani? Sono convinto che "in un paese normale" il policy maker stabilirebbe da sé quale dei due campi d'indagine sia di rilevanza nazionale, mentre il compito del tecnico sarebbe quello di valutare quale sia il miglior progetto pervenuto sul made in Italy o sul pensiero del Galliani. Speriamo che se il ponte sullo Stretto di Messina sia un progetto di rilevanza nazionale lo stabilisca il governo eletto e non il Direttore generale dei LL.PP. o un referee anonimo.
Qual è dunque lo scopo dei finanziamenti Murst, in quanto finanziamenti pubblici? Prima questione: non è ovvio e scontato che lo Stato debba finanziare la ricerca universitaria in blocco, nemmeno se trattasi di università pubblica. Dovrei cominciare la mia argomentazione dal fatto che non è ovvio e scontato nemmeno che l'università stessa sia pubblica, e che qualora lo sia ci deve essere una qualche ragione e finalità specifica non altrimenti realizzabile. Ma non intendo addentrarmi in un tal ginepraio e mi limiterò ad un semplice ma istruttivo esempio. Nella mia precedente sede universitaria si favoleggiava di un mitico dipartimento che, al netto di oneri e contributi vari, totalizzava oltre mezzo miliardo annuo pro-capite solo in "conto terzi" (cioè per progetti di ricerca commissionati e finanziati da soggetti esterni, in grande prevalenza privati). Come avete indovinato tutti non si tratta del dipartimento di lettere antiche. E, al di là della facile battuta, è proprio questo il punto. Un tal dipartimento, i suoi studiosi e ricercatori, necessitano di finanziamenti pubblici per produrre ricerca che il mercato è perfettamente in grado di pagarsi da sé? L'operatore pubblico dovrebbe semmai intervenire in funzione correttiva del privato o sostitutiva del privato. Nel primo caso i finanziamenti pubblici vanno a creare conoscenze e innovazioni tecnologiche anche appropriabili privatamente, ma che si rendono necessari solo se e in quanto il privato sottoinveste in questo campo. Nel secondo caso lo scopo dei finanziamenti pubblici è di promuovere la ricerca i cui risultati hanno spiccate caratteristiche di bene pubblico o di bene meritorio ossia che il privato non ha incentivi sufficienti a finanziare.
Seconda e conseguente questione: non è sufficiente, come criterio allocativo, che lo Stato s'impegni a finanziare "i progetti migliori". Capisco bene quale passo in avanti sarebbe per il nostro sistema universitario se ciò avvenisse, ma sarebbe ancora un po' poco dal punto di vista della delle scelte pubbliche. Migliori rispetto a quale obiettivo pubblico? Quando parliamo di usi alternativi delle risorse pubbliche per la ricerca dovremmo riferirci ad articolazioni più fini di quella tra "buono" e "cattivo": ricerche di breve periodo o ricerche di lungo periodo, ricerche con capacità di finanziamento di mercato o prive di esso, ricerche ad alto rischio o ricerche a basso rischio, ricerche di base o ricerche applicate? L'operatore pubblico dovrebbe esprimere le proprie scelte di politica della ricerca discriminando tra queste diverse tipologie di ricerca. Inoltre, ognuna di esse presenta stili operativi e obiettivi diversi e specifici, e quindi richiede modalità di finanziamento diverse e specifiche.
Chiunque ha fatto domanda o ha esaminato domande di fondi Murst ha avuto modo di rendersi conto benissimo che l'impostazione delle procedure è interamente pensata e congegnata per progetti tipicamente scientifico-tecnologici di grande scala, o comunque progetti che richiedono combinazioni di risorse umane e finanziarie eccedenti le disponibilità ordinarie di singoli dipartimenti. Bene! Ma questo genere di progetti non sono gli unici possibili nell'ambito della ricerca universitaria; in molte discipline (soprattutto quelle socio-umanistiche), e in generale nella cosiddetta "ricerca di base", essi sono l'eccezione piuttosto che la norma. Per quest'altro genere di attività e discipline, la continuità e certezza di fondi ancorché modesti dislocati su progetti dipartimentali limitati ma ben definiti e controllabili è assai più importante della disponibilità una tantum di grandi somme. Invece, l'aspetto più preoccupante e distorsivo del canale di finanziamento del Murst è che oggi esso è di fatto il collettore indistinto di tutte le possibili tipologie di ricerca universitaria. Questo fa sì che, al tempo della questua al Murst, si creino freneticamente delle armate brancaleone che non hanno alcun reale progetto comune se non quello di strappare un finanziamento da dividersi in modo da garantirsi i mezzi per l'ordinaria attività di ricerca e di produzione di idee - sto parlando di acquisti di libri, bollette telefoniche e fotocopie, quando è possibile un computer con la stampante, i viaggi per seminari, convegni, studio all'estero. La ragione è duplice: salvo rare eccezioni (di cui una è Trento) i canali di finanziamento della ricerca ordinaria e di base sono prosciugati; il Murst ha prosciugato tali canali perché erano diventati la via maestra per la distribuzione clientelare e incontrollata dei fondi di ricerca. Il male è reale, ma la cura attuale è sbagliata.
Come ho detto all'inizio la soluzione non sta nel tornare indietro, ma nel proseguire sulla strada intrapresa con idee più chiare. Primo, i responsabili della politica della ricerca devono stabilire con chiarezza quali sono le ragioni e le finalità del finanziamento pubblico e approntare delle procedure coerenti con esse. Secondo, è necessario predisporre una plurità di canali e procedure di finanziamento appropriati alle diverse tipologie di ricerca che si ritiene di sostenere e promuovere, riservando il canale Murst ai "progetti di rilevante interesse nazionale" (per davvero), e garantendo parallelamente fondi di dotazione certi per la ricerca ordinaria e di base a livello dipartimentale. Terzo, i fondi per la ricerca ordinaria e di base non devono (più) essere sinonimo di soldi facili e senza controllo per tutti: la cura adatta non sono i referee anonimi del Murst, ma, in linea con il principio dell'autonomia, le forze sane dei dipartimenti. Per questo i dipartimenti debbono cessare di essere centri contabili-amministrativi e divenire veri centri di ricerca. La domanda di disponibilità e autonomia di gestione dei fondi per la ricerca ordinaria e di base deve accompagnarsi ad una maggiore assunzione di responsabilità nel controllo scientifico della qualità in sede di assegnazione e, soprattutto, in sede di valutazione dei risultati.