Come cambia l'amministrazione
di Marco Tomasi
L'Università di Trento è
in piena trasformazione. Molto sta cambiando in maniera tanto rapida quanto radicale:
è dunque importante affiancare al chiaro ricordo di "come eravamo"
una altrettanto chiara immagine di "come vogliamo diventare".
Cambiare l'organizzazione dell'Università è un passo impegnativo
ma necessario per portare il nostro Ateneo ai massimi livelli di competenza e
competitività, che sono richiesti per divenire un punto di riferimento
in termini di qualità del servizio offerto e di eccellenza dei risultati
raggiunti nel panorama universitario non solo nazionale, ma anche internazionale.
Cosa significa "cambiare" per il personale tecnico e amministrativo,
per le persone che concretamente ogni giorno lavorano all'interno degli ingranaggi
"nascosti" dell'ateneo?
Anzitutto, vi è un cambiamento nelle tecnologie, che conduce a ricercare
e acquisire strumenti capaci di aiutarci a lavorare meglio e con maggiore rapidità:
il progetto del nuovo modello per la didattica e i servizi agli studenti e quello
della contabilità integrata stanno a dimostrare quanto le tecnologie informatiche
possano agevolare il nostro lavoro quotidiano, come pure le affascinanti prospettive
offerte dagli strumenti tecnologici per la formazione a distanza e la didattica
multimediale.
In secondo luogo, cambiano le regole del nostro lavoro: il personale tecnico
e amministrativo ricerca la massima semplificazione delle procedure, per poter
rispondere in maniera adeguata alle esigenze degli studenti e del corpo docente.
Come sta evidenziando il progetto di Semplificazione Amministrativa, per raggiungere
l'eccellenza è d'obbligo un atteggiamento autenticamente propositivo, perché
il cambiamento funziona se tutti collaborano a trovare le soluzioni ai problemi
che quotidianamente si incontrano. In questo senso, dovrà cambiare il nostro
stesso modo di utilizzare le "regole": dal "fare solo quello che
è previsto" occorrerà passare al "fare tutto ciò
che non è escluso", creando opportunità anziché imporre
vincoli ed adempimenti non necessari.
È in atto, inoltre, una trasformazione del disegno organizzativo
della nostra Università, finalizzata a superare la tradizionale distinzione
tra aree, che crea barriere alla comunicazione e alla collaborazione, per imparare
a lavorare in équipe interfunzionali la cui caratteristica principale è
quella di promuovere l'aggregazione di competenze differenti e la definizione
di flussi comunicativi orizzontali che risultino tempestivi e mirati. Un chiaro
esempio verrà dal progetto di riorganizzazione della Biblioteca d'Ateneo,
da realizzare con gruppi di lavoro interdisciplinari cui afferiscono professionalità
differenti anche esterne.
Infine, vi è un ulteriore cambiamento che promuove tutte le trasformazioni
sin qui descritte: quel cambiamento che si attua a livello delle competenze
professionali di ciascuno. Il nuovo scenario organizzativo, in cui tutti siamo
attori protagonisti, è infatti anche un'occasione di formazione per il
personale, una formazione che permetta di sentirci a nostro agio di fronte alle
nuove tecnologie, alle nuove regole o alle nuove modalità di lavoro interfunzionale.
Su questo piano, molto è stato fatto (lo testimonia l'incremento da 461
a 561 ore di corsi dal 1997 al 1998, con un raddoppio del numero di partecipanti),
ma molto rimane da fare: possiamo immaginare che nel prossimo futuro ciascuno
di noi parteciperà, almeno una volta l'anno, ad una reale esperienza di
aggiornamento anche all'estero.
Come si può vedere anche da questo breve quadro, le iniziative non mancano,
e con esse anche i problemi, le fatiche e le preoccupazioni.
Problemi, fatiche e preoccupazioni che sono dovuti ad una difficoltà di
fondo: il processo di cambiamento, fatto "extra-ordinario", procede
contempora-neamente alla gestione dell'ordinario, della quotidianità: le
Segreterie cambiano mentre continuano a risolvere i problemi degli studenti; la
Biblioteca si trasforma mantenendo i prestiti attivi; il personale partecipa ad
attività formative ma gli uffici restano aperti. Non possiamo certo "fermare"
l'Università, cambiarla e poi rimetterla in pista!
Cambiare vivendo
La vera sfida è proprio questa: cambiare vivendo. Una sfida che riguarda
tutti, a tutti i livelli, perché a tutti è chiesto di abituarsi
a lavorare in modo diverso. Le persone, gli strumenti di lavoro, le regole, il
disegno organizzativo rappresentano i lati che delimitano il perimetro entro il
quale si attua il cambiamento. E questi lati devono cambiare insieme, sintonizzarsi
nel raggiungimento degli obiettivi con ritmi armonici così da consolidare
un nuovo modello di funzionamento dell'ateneo in ogni suo aspetto.
Abbiamo vissuto anni difficili, impegnativi e questo ci ha fatto crescere, ma
non possiamo fermarci qui. In futuro dovremo ancora lavorare molto con l'aiuto
anche di elevate e nuove professionalità esterne. Ogni giorno il cambiamento
procede e ne usciamo trasformati: più flessibili, più competitivi
e più capaci di dialogare. In fondo, il bello sta proprio qui, nel fatto
di non essere che all'inizio.
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