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Assegni di ricerca e informazione in ateneo

L'opinione
di Augusto Visintin

Come noto, recentemente il Ministero ha predisposto un nuovo importante strumento per la formazione di giovani ricercatori: gli assegni di ricerca.
Alcuni atenei hanno chiuso da mesi i termini per la presentazione delle domande dei candidati. La nostra università non ha fretta: al momento (17 novembre) non ha ancora emanato i bandi. Chi va piano va sano ... e deve rinunciare a qualche ottimo allievo, giustamente partito per altri lidi.
Come osserva il Nucleo di valutazione interna a p. 53 del suo rapporto 1997, "la programmazione [degli assegni di ricerca] è stata gestita direttamente dal Senato Accademico, che, sulla carta, non ha alcuna competenza sulla ricerca." Persino la bozza di regolamento proposta dalla Commissione Scientifica è stata poi sottoposta al vaglio del Senato Accademico, che l'ha approvata non senza esitazioni (il relativo verbale è disponibile in rete).
D'altra parte è il Senato che ha ripartito i fondi - tra le facoltà ovviamente. Come non vedere in questo episodio un segno della crescente margina-lizzazione dell'attività di ricerca a Trento?
L'evidente sbilanciamento dei poteri tra le due "Camere", presente più nella prassi che nelle regole, meriterebbe forse un po' di riflessione.
Personalmente più che dall'intraprendenza della "Camera Alta" sono sconcertato dalla passività della Commissione Scientifica, e dalla scarsa attenzione di tanti colleghi per i problemi della ricerca.
Quanto sopra tocca anche il problema della circolazione dell'informazione in ateneo. Ad esempio, sanno i colleghi degli eventi interni all'ateneo?
Le notizie sono sistematicamente e tempestivamente comunicate agli Eletti. Sta poi a loro eventualmente informare gli amministrati; due i canali a ciò preposti: le comunicazioni elargite nelle sedute di facoltà e dipartimento, e le chiacchiere di corridoio. Ne risulta un'informazione frammentaria, di seconda mano, non sempre accurata, non certo atta a stimolare la partecipazione dei "peones" alla vita dell'ateneo - nemmeno da spettatori.
Anche quando non si può evitare di coinvolgere la "base", a volte ciò si svolge sotto la pressione di scelte obbligate (prendere o lasciare) o della ristrettezza dei tempi; si vedano ad esempio i recenti contratti per i "superprofessori" stranieri.
Forse si potrebbe fare di più. Ad esempio le "informative" interne di cui sopra (e-mail a costo zero) potrebbero essere inviate a tutti, o messe in rete. Chi opera le decisioni fondamentali potrebbe assumersi l'onere di riferire sistematicamente, eventualmente mettendo anche al corrente delle motivazioni, al di là dello scarno contenuto dei verbali messi in rete (iniziativa per altro apprezzabile - ma a volte tali verbali risultano poco significativi in quanto privi degli allegati).
L'incontro del rettore col corpo accademico, annuale consuetudine sino alla fine degli anni '80, poteva essere un'occasione per esprimere esigenze sentite dalla comunità, e per un incontro tra valle e collina. Perché non ripristinarlo? Per inciso, il vecchio statuto prevedeva esplicitamente tale incontro; quello nuovo invece richiede al rettore una relazione annuale sullo stato dell'ateneo (art. 4.6, comma h).

Risponde Gabriele Anzellotti
Caro Augusto,
la lettera che hai mandato a
Unitn mi suggerisce diverse considerazioni. La più importante credo che sia questa: ci sono persone, come te, che lavorano in questa università, ottengono risultati scientifici significativi, sono riconosciuti nel loro settore a livello internazionale, i quali non si sentono nelle condizioni per comprendere quello che accade, per partecipare pienamente alla vita dell'ateneo, e per concorrere come vorrebbero e potrebbero alla formazione delle decisioni che riguardano il suo sviluppo. Se questo accade, è certamente un difetto dell'organizzazione della nostra Università, di cui mi prendo parte della responsabilità, come preside e come membro del Senato Accademico. Credo che il confronto e la partecipazione siano soprattutto importanti oggi, in un momento che richiede una particolare riflessione critica su quello che abbiamo sempre fatto e che facciamo quotidianamente, sui nostri modi di fare didattica e di fare ricerca, un momento che richiede un grande impegno da parte di tutti per pensare e per costruire un nuovo modo di essere dell'università. Riconosco che la tua lettera a Unitn è un segnale positivo di volontà di partecipare e vuole essere un contributo per costruire le condizioni che consentano una maggiore partecipazione. Anche la tua puntuale proposta al sito per la semplificazione amministrativa [http://www.jus.unitn.it/sa/p&p/98/32/home.html] va in questo senso e mi sento di accoglierla. Contemporaneamente però ti invito a mia volta a riconoscere che si è già fatto parecchio lavoro in questa direzione, ad esempio utilizzando la web, e grazie anche all'attività dei delegati del rettore su diversi temi. Inoltre ci sono dei limiti, poiché non tutta l'informazione può essere convertita in testi scritti. Ad esempio, i verbali sono necessariamente sintetici, poiché altrimenti sarebbero semplicemente illeggibili. Molta informazione inevitabilmente si diffonde oralmente, attraverso riunioni e incontri ufficiali (non soltanto nei corridoi). Il modo migliore per accedere a questa parte dell'informazione è di essere coinvolti in qualche progetto dell'ateneo, e ce ne sono tanti, o di avere qualche incarico organizzativo, e c'è certamente bisogno di un maggior numero di persone che lavorino per l'organizzazione dell'Ateneo. Sono sicuro che se tu volessi, potresti trovare qualche compito che ti consentirebbe di partecipare maggiormente alla vita della nostra Università e alle decisioni che la riguardano.
Nella tua lettera parli anche degli assegni di ricerca. La questione è ormai un po' datata e mi limito a osservare che a mio parere il tuo modo di trattarla riflette effettivamente una mancanza di informazione sulle cose che sono accadute, e questo avvalora d'altra parte la tua richiesta di una migliore comunicazione.
Ad esempio, tu riporti l'affermazione del rapporto di valutazione interna 1997, a pag. 53: "la programmazione [degli assegni di ricerca] è stata gestita direttamente dal Senato Accademico, che sulla carta non ha alcuna competenza sulla ricerca". Questa affermazione non è corretta. Credo infatti che si riferisca alla suddivisione, avvenuta nel 1997 da parte del Senato, di un miliardo fra le facoltà. Questa cifra è stata messa nel bilancio 1997 per essere utilizzata per contratti di didattica, in particolare per eminenti studiosi, ed è stata divisa fra le facoltà con criteri legati alla didattica. Solo in un secondo momento, su richiesta di tutti i presidi, si è deciso che con questi soldi le facoltà potevano anche cofinanziare gli assegni di ricerca proposti dai dipartimenti. Dedurre da questo una "crescente marginalizzazione dell'attività di ricerca a Trento", mi sembra sbagliato e non aiuta a capire i problemi, che ci sono (e il rapporto del Nucleo di valutazione li descrive bene), nel coordinamento delle risorse per la didattica e per la ricerca. Questi problemi, che io sottolineo da molto tempo, coinvolgono la struttura degli organi di governo dell'Università, e in particolare la dicotomia facoltà-dipartimenti, che si accentua a Trento con la peculiare presenza della Commissione Scientifica. Si tratta di questioni che non posso trattare qui per ovvi motivi di spazio e sulle quali dovremo tornare.
Ti saluto con affetto e ti ringrazio per il tuo interesse per il buon funzionamento dell'ateneo,

Gabriele