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 honoris causa  

Lauree honoris causa
a Lettere e Sociologia


Conferita la laurea honoris causa al geografo francese Paul Charles Cristophe Claval e al sociologo Ermanno Gorrieri, alla presenza del Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica Luciano Guerzoni.
di Francesca Menna

Si è tenuta lo scorso 8 marzo, presso la Sala della Filarmonica di Via Verdi, la cerimonia di conferimento delle lauree honoris causa a Paul Charles Cristophe Claval e a Ermanno Gorrieri. Presente in sala il Sottosegretario di Stato al MURST, Luciano Guerzoni, che ha preso la parola al termine della cerimonia prima del concerto finale dell'Orchestra dell'Università, diretta dal Maestro Stefano Chicco. La musica ha scandito i tempi dell'intera cerimonia, aperta dall'ingresso del corteo accademico, seguito dal saluto del Rettore: "È un onore per l'Università di Trento", ha osservato Massimo Egidi "conferire la laurea honoris causa a due illustri personaggi come Paul Claval ed Ermanno Gorrieri che tanto hanno dato alla cultura italiana ed europea di questo secolo".

Per la prima volta la Facoltà di Lettere conferisce tale titolo a uno studioso straniero e "questo felicemente accade in una congiuntura nella quale gli sforzi per il consolidamento delle prospettive internazionali dell'Università di Trento sono particolarmente intensi", ha sottolineato il Preside Gian Maria Varanini. Egli ha poi fatto accenno al ruolo di Trento e della cultura trentina nella storia della geografia italiana, ricordando il topos di Trento porta d'Italia, la sua vocazione a guardare oltralpe e la particolare attitudine di questa città a collegare.
Ha quindi citato alcuni esponenti storici della cultura trentina sensibili alla ricezione di stimoli provenienti dall'Europa, tra cui Bartolomeo Malfatti, titolare di una delle prime cattedre di geografia in Italia e autore del primo manuale italiano di etnografia, Giovanni Canestrini, primo a diffondere in Italia la dottrina evoluzionistica darwiniana e il socialista Cesare Battisti, sostenitore dell'italianità di Trento. Varanini ha inoltre ricordato i legami tra la ricerca geografica e quella storica, consolidatisi in Italia nel secondo dopoguerra, e "l'importanza straordinaria che hanno avuta nella storiografia italiana ricerche di storici francesi" che prova "quanto la cultura italiana del Novecento, e certo non solo la geografia in quanto disciplina, sia debitrice di quella grande tradizione scientifica della quale Paul Claval è stato interprete e protagonista nell'ultimo mezzo secolo".

La ricostruzione del profilo scientifico di Claval è stata affidata a Giuliana Andreotti che, nella sua laudatio, ha ripercorso le tappe salienti della carriera dell'esperto di storia della geografia, ricordando l'importanza e la fama delle sue numerose opere, alcune delle quali rappresentano "i fondamenti di ogni introduzione alla geografia umana", i plurimi riconoscimenti ricevuti nel corso degli anni e la sua presenza in seminari di ogni parte del mondo.
I riferimenti sono poi andati alla sua "geografia economica che spiega l'organizzazione spaziale attraverso le motivazioni della società, volte al raggiungimento dell'efficienza produttiva", ai vari aspetti toccati dalla sua geografia - "sociali, storici, geopolitici, geostrategici, ma anche etnografici e culturali" -, alla sua formazione geostorica, alla sua capacità di armonizzare metodi di ricerca diversi, alla sua "visione moderna e ottimista" che porta con sé la convinzione che "la geo-grafia, scienza dello spazio, sia sempre più necessaria in un mondo che muta a ritmi vertiginosi e che non si debba irrigidire sugli immutabili schemi pedagogici della tradizione classica, inadeguati a interpretare una realtà dinamica e prismatica".



Paul Claval ha incentrato la sua lectio brevis sull'unificazione europea e sui suoi limiti attuali. "L'Europa unita", ha detto, "è un'esperienza affascinante ma molto complessa", che si situa tra l'altro in un contesto geografico continuamente variabile. Claval ha osservato che il processo di unificazione europea è fondamentalmente economico, come economiche sono le sue conseguenze: la riorganizzazione dei mercati, i cambiamenti nelle strategie imprenditoriali per aumentare la competitività sui mercati internazionali, l'introduzione di una moneta unica. Ma Claval, come molti altri geografi che, a partire dagli anni '60, si sono interessati ai cambiamenti dell'Europa, sostiene che per comprendere davvero l'Unione Europea bisogna analizzare le trasformazioni che la progressiva soppressione delle barriere economiche, la creazione di istituzioni su scala europea e l'armonizzazione almeno parziale delle varie politiche apportano a un'Europa vista nella sua dimensione globale. Non si possono quindi considerare soltanto le logiche economiche alla base dell'integrazione europea, ma bisogna analizzare anche i problemi sociali e politici che ne derivano. "L'unione europea", ha osservato in conclusione Claval, "è un successo, ma ogni successo porta nuovi ostacoli a una integrazione che progredisce ma che sembra inesorabilmente sfuggire". L'Europa è arrivata a un punto in cui le difficoltà cessano di essere fondamentalmente di ordine economico: i problemi con i quali ci si scontra oggi derivano dalle profonde diversità, in particolare politiche, fra le culture e le popolazioni che essa raggruppa. Un gigante della produzione e del commercio ha bisogno di un'unità politica, ma non tutti gli stati ne sono convinti né cercano una migliore integrazione politica. E questo rischia di prolungare "il paradosso di un colosso economico incapace di mantenere sulla scena internazionale il ruolo che da lui ci si aspetta".

Ermanno Gorrieri, al quale è stata dedicata la seconda parte della cerimonia, è il primo laureato honoris causa della quasi quarantennale storia della Facoltà di Sociologia. Con questa considerazione il Preside della Facoltà Antonio Cobalti ha voluto attribuire a tale riconoscimento un significato particolare che va ad aggiungersi a quello profondo del valore della carriera e dell'opera di Ermanno Gorrieri. Cobalti ha ricordato il suo incontro, insieme ad altri colleghi verso la metà degli anni '70, con il lavoro di Gorrieri, letto con grande interesse in particolare per quella che sentivano come una "comunanza di intenti", il "tentativo di unire impegno politico e passione per la ricerca sociologica".
Il Preside ha così sottolineato che il lavoro di Gorrieri insegna che, oltre alle principali finalità di "educare l'intelletto a forme disciplinate di indagine sociale e, se possibile, anche di trasmettere il `gusto' di fare ricerca", il docente ha anche un altro obiettivo educativo, forse più ambizioso, ossia "riuscire a fare tutto ciò senza che vada perso nulla dell'animus politico, che motiva originariamente vari studenti ad occuparsi di sociologia ed a fare ricerca".

La laudatio di Raimondo Catanzaro ha portato l'attenzione sul tema, caro a Gorrieri, della disuguaglianza sociale e ha ripercorso le tappe della carriera del sociologo, sottolineando di lui l'uomo politicamente e socialmente impegnato, protagonista della Resistenza e uno degli artefici della Repubblica di Montefiorino, dalla fine della guerra fra i protagonisti della vita politica e sociale italiana, presidente di varie commissioni presso ministeri o presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, autore di libri e relazioni che hanno avuto grande peso nel dibattito sulla disuguaglianza e sullo stato sociale in Italia. Tra le sue opere, un riferimento particolare è andato a La giungla retributiva, pubblicata negli anni '70, quando la sociologia doveva ancora pienamente affrancarsi come disciplina autonoma e autorevole, un'opera - ha sottolineato Catanzaro - che ebbe "un impatto enorme, aprendo nuovi termini di analisi e discussione sulle disuguaglianze in Italia e sul sistema di welfare", dando anche "un impulso effettivo per lo sviluppo delle ricerche sulla disuguaglianza". Catanzaro ha poi tenuto a sottolineare due elementi costanti della vita e delle opere di Gorrieri, la passione e il raziocinio: "la passione che ha nutrito gli argomenti di cui si è occupato e il raziocinio che li ha temperati con lo strumento della tolleranza, dell'attenzione alle ragioni degli altri, della scoperta dei lati oscuri o nascosti dei fenomeni storici e sociali indagati".


La "caduta in disuso della parola `uguaglianza' nel linguaggio politico" è stato il filo conduttore della lectio brevis di Ermanno Gorrieri che identifica le cause della perdita del valore dell'uguaglianza "nella mentalità e negli interessi di quei due terzi dei cittadini che godono di elevate condizioni di benessere" e nella "persistenza della teoria che considera costitutiva dei diritti di cittadinanza l'esclusione di ogni forma di selettività nell'erogazione dei servizi e delle prestazioni dello Stato sociale". Gorrieri ha infatti contestato "la scarsa rilevanza che viene attribuita alla disuguaglianza fra le persone e le famiglie che non vivono in condizioni di povertà e la conseguente tesi secondo cui - una volta che sia garantita un'adeguata assistenza ai poveri - nessuna differenza debba essere fatta fra gli altri cittadini in materia di interventi sociali". Ciò che la politica sociale deve fare è "promuovere processi di redistribuzione delle risorse che concorrono a formare la qualità della vita" per "garantire a tutti pari opportunità di partenza, aiutare ognuno ad autopromuoversi e insieme permettere a tutti di raggiungere un traguardo minimo, uno zoccolo di benessere, che assicuri una vita libera e dignitosa". Va abbandonata l'idea secondo cui la società italiana avrebbe "una conformazione `a trottola', con agli estremi opposti una fascia di poveri e di ultra-ricchi, e in mezzo la vasta area dei ceti intermedi senza eccessive differenze nei livelli di benessere". "La scala delle condizioni di vita", obietta Gorrieri, "è fatta di molti gradini" e il male delle politiche sociali è quello di non essere in grado di dare a chi ne ha veramente bisogno. Alcuni passi, sebbene lenti e difficili, sono stati fatti - ha infine osservato lo studioso. "Si è dunque aperta la strada all'attuazione del principio che, trent'anni fa, don Lorenzo Milani espresse con incisiva semplicità: Nulla è più ingiusto che far le parti uguali fra disuguali".