Quanto è lontano
il nichilismo?
Löwith e il nichilismo nella cultura europea
del Novecento |
di Nestore Pirillo
Il saggio di Karl Löwith, Il nichilismo
europeo, ripropone la discussione su una forma spirituale propria del
Novecento, sapientemente riassunta da Carlo Galli nell'introduzione al volume.
Il nichilismo oltre che una filosofia è stato una "cultura", che
ha profondamente segnato i saperi e le istituzioni,
la politica dei gruppi dirigenti, il
disciplinamento sociale di massa, il declino delle professioni
umanistiche. Lo stesso buon senso aziendale che le scienze sociali
quotidianamente diffondono nelle facoltà universitarie,
risale alla nichilistica "gabbia d'acciaio", nella
quale Max Weber, profeticamente, aveva visto insediarsi, al posto dello spirito,
una "pietrificazione meccanizzata",
adornata da un "convulso desiderio di sentirsi importante".
La grande filosofia europea ha indagato variamente il fondamento e
l'origine della "morte di Dio", senza
poter pervenire ad un suo superamento. Il "salto nella fede" e
l'engagement umanistico postulano comunque
che l'uomo è "niente".
C'è da segnalare tuttavia una differenza profonda ed evidente tra
l'orizzonte dentro cui scrive Löwith e il
nostro. Leggere il saggio, oggi, nell'orizzonte di aspettative aperto dalla nuova
fase storica e dal progetto dell'unità europea non solo consegna la posizione
di Löwith ad una fase storiografica di riflessione sul nichilismo,
nell'epoca della sua espansione e autoaffermazione, ma porta a leggere il
fenomeno come indicatore di una lunga notte dello spirito europeo, posta
essenzialmente tra due crisi: lo scoppio della prima guerra mondiale e il crollo
del comunismo sovietico.
La storiografia filosofica fa risalire all'idealismo tedesco l'origine del
problema e il saggio di Löwith si inserisce
in questa direzione. Scritto nel '39, lo stesso anno
in cui l'autore pubblica una complessa indagine
storico-filosofica sulle articolazioni di quella origine
(Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria
nel pensiero del XIX secolo, Sendai 1939), il saggio riflette
sulla dissoluzione dello spirito europeo a seguito dell' "ultima
guerra" (oggi per noi la prima guerra mondiale)
e della presa del potere da parte di Hitler qualche anno prima
della composizione dello scritto. Le origini letterarie del
fenomeno sono rintracciate da Löwith nella poesia e nella letteratura.
Flaubert, Dostoevskij, Baudelaire, Heine sono tra gli esponenti massimi della
cultura fin de siècle, che dipingono la
formazione spirituale del nulla. La filosofia posthegeliana invece già
con Feuerbach, Marx e Kirkegaard viene letta come il tentativo di pensare
il nichilismo nel suo proprio fondamento, in quanto presupposto e
risultato della civiltà cristiano-borghese.
Nel corso del Novecento il maggior interprete del pensiero nichilistico è
scorto in Martin Heidegger, maestro dell'autore, la cui omogeneità
spirituale con l'ideologia nazionalsocialista
è impietosamente indagata mediante un intreccio di posizioni speculative e
personali. Löwith fa coincidere la
"scelta esistenziale" pensata da Heidegger
col vincolo che lega il singolo al Führer -tematica ripresa in Italia da Paolo
Prodi nel suo studio sul giuramento politico e più volte discussa a Trento.
Secondo Löwith anche la riflessione di Nietzsche aveva aperto la strada al
terzo Reich ma con una differenza essenziale. Mentre Nietzsche, con la
dottrina dell' "eterno ritorno" aveva
pensato il nichilismo come principio filosofico, Heidegger, invece, pensa il
principio filosofico come nichilismo. In Essere
e tempo riconduce ogni principio o valore alla fattualità dell'esistere.
L'esistenza di fatto, i rapporti di forza si presentano come destino della
volontà, allo stesso modo di come la tecnica
si pone come destino dei valori.
Nel chiudere il volume al lettore viene di chiedersi "Quanto è lontano
il nichilismo da noi?" e sorge subito l'associazione con la domanda rivolta
alla sentinella nel Libro di Isaia:
"Sentinella quanto dura la notte?" E la
sentinella risponde: "Verrà il mattino, poi
ancora la notte. Se volete domandare, tornate un'altra
volta".
[Karl Löwith, Il nichilismo
europeo, a cura di C. Galli, Laterza,
Roma-Bari 1999, L. 20.000]
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