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   convegni   
L'elegia nella tradizione poetica italiana
A Lettere il terzo Seminario Trentino di Italianistica

di Andrea Comboni

Dal 12 al 14 dicembre 2000 si sono svolti, per iniziativa del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, i lavori del terzo Seminario Trentino di Italianistica, dedicato a L'elegia nella tradizione poetica italiana. Come nei due precedenti incontri di studio, in cui oggetto d'indagine erano stati La poesia pastorale nel Rinascimento (1995) e Il prosimetro nella letteratura italiana (1997), l'insieme delle relazioni e degli interventi ha cercato di mettere a fuoco le caratteristiche specifiche e l'evoluzione storica di un ben preciso genere letterario. Nella letteratura italiana (ma analoga osservazione si potrebbe fare anche per altre letterature) il genere elegiaco è, per così dire, un genere "di lunga durata": esso, infatti, risulta presente, sia pur in varie forme e con diversa intensità, dal XIV al XX secolo. Nella poesia classica il termine elegia indica, alle origini, un genere prima metrico che tematico, caratterizzato cioè dall'impiego di un certo tipo di metro (il distico elegiaco) più che dalla trattazione di certi temi. Con gli elegiaci latini di età augustea (Tibullo, Properzio, Ovidio) il genere si caratterizza per la dominante tematica amorosa e per l'elaborazione di una vera e propria ideologia elegiaca. Per usare le parole di Gian Biagio Conte, "al centro di questo sistema ideologico è da riconoscere la concezione secondo cui l'amante-poeta è schiavo: della sua donna, della sua passione, della sua incurabile debolezza, e in fondo anche della sua poesia". L'amore elegiaco è soprattutto sofferenza e insoddisfazione; e non si dimentichi che "il nome stesso dell'elegia parlava di una poesia di pianto" (Conte).
Gli studiosi intervenuti al Seminario trentino hanno rivolto la loro attenzione su alcune delle fasi più significative della storia dell'elegia nella tradizione poetica italiana. Stefano Carrai si è occupato, nella sua relazione, della preistoria dell'elegia volgare, evidenziando in particolare l'importanza del volgarizzamento della boeziana Consolatio Philosophiae prodotto da Alberto della Piagentina nel terzo decennio del Trecento, in cui tutte le parti poetiche del testo latino vengono rese con regolari capitoli in terza rima (il metro, si ricordi, della Commedia dantesca). Il volgarizzamento del primo carme del prosimetro boeziano rappresenta, infatti, uno dei primissimi esperimenti di elegia in volgare.
Natascia Tonelli ha illustrato gli stretti rapporti esistenti tra il Canzoniere petrarchesco e gli elegiaci latini, dimostrando persuasivamente, attraverso una fitta serie di riscontri, la presenza in Petrarca di una precisa volontà imitativa della tradizione elegiaca.
Il ruolo decisivo avuto da Leon Battista Alberti nella "nascita" dell'elegia (Mirtia, Agilitta) è stato sottolineato e indagato nelle relazioni di Roberto Cardini e Stefano Cracolici. Sono quindi seguiti numerosi interventi dedicati alle vicende del genere elegiaco in età umanistica e rinascimentale. È tra tardo Quattrocento e primo Cinquecento, infatti, che si assiste ad una rapida e larga diffusione dell'elegia nella forma del capitolo in terza rima e nell'ambito della poesia cortigiana. In particolare, Paola Vecchi Galli ha tracciato i percorsi dell'elegia volgare nel Quattrocento, mettendo in luce come a fine secolo, a dimostrazione della notevole fluidità del genere, si assista ad una sorta di deriva elegiaca. Antonia Tissoni Benvenuti ha evidenziato gli stretti legami che intercorrono, a livello strutturale e narrativo, tra il canzoniere in volgare di Matteo Maria Boiardo (Amorum libri) e il canzoniere elegiaco in latino di Tito Vespasiano Strozzi (Eroticon). Paola Morossi, Andrea Comboni e Claudia Berra si sono soffermati su autori quattro-cinquecenteschi quali, rispettivamente, il Cariteo, Giovanni Filoteo Achillini, Luigi Alamanni.
Dell'elegia amorosa nel Settecento si è occupata Alessandra Di Ricco, che ha rivolto la sua attenzione a Ludovico Savioli (Amori), Paolo Rolli, Vincenzo Monti e ai metri da loro utilizzati per la composizione di elegie. I rapporti tra Leopardi e il genere elegiaco sono stati indagati da Antonio Girardi, che si è soffermato sulla travagliata vicenda compositiva de Il primo amore. Guido Capovilla, nel suo intervento, ha preso in esame la produzione elegiaca di Carducci, Pascoli, D'Annunzio, interessandosi, in particolare, alle scelte metriche operate dai tre poeti per rendere il distico elegiaco.
I lavori del Seminario si sono chiusi con le relazioni di Francesco Zambon e Jean Nimis dedicate a due poeti novecenteschi, rispettivamente, Montale e Zanzotto, che in alcuni loro testi si sono espressamente ricollegati, fin dai titoli, al genere dell'elegia (si ricordino, ad esempio, la montaliana Elegia di Pico Farnese o le zanzottiane Elegia pasquale e Elegia in petèl).
Gli Atti del Seminario verranno pubblicati, auspicabilmente entro la fine del 2001, nella collana "Labirinti" del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche.


In alto, a sinistra e a destra: Eugenio Montale.
Sotto: Giacomo Leopardi e il manoscritto de Le ricordanze