Un ricordo personale
di Massimo Egidi, rettore dell'Università di Trento
La prima volta che incontrai Herbert Simon fu nel 1988
in occasione di un convegno presso la Fondazione
Rosselli a Torino. Rimasi subito estremamente colpito
dalla sua capacità di analizzare i problemi della teoria
economica cogliendone gli aspetti più profondi,
senza rimanere confinato nello stretto ambito
disciplinare. A fronte di una grandissima capacità di
dominio intellettuale sui problemi,
l'atteggiamento di Simon era caratterizzato dalla grande
semplicità e umanità nei rapporti con i suoi
interlocutori, dalla grande attenzione alle idee che gli
venivano esposte, idee che analizzava e discuteva
con grande cura, da chiunque provenisse
ro, al di fuori da ogni gerarchia accademica.
Fu quella per me l'occasione per uno stimolante
incontro intellettuale che si è poi
gradualmente trasformato in un'amicizia durata fino alla sua morte.
La condivisione di alcuni punti cardine, teorici ed epistemologici
dell'analisi simoniana, mi ha portato negli anni successivi a partecipare insieme ad
altri colleghi, tra cui l'epistemologo Riccardo Viale e l'eminente
economista inglese Robin Marris, allo sviluppo dell'approccio cognitivo alle
decisioni economiche. Insieme a Simon abbiamo pubblicato, nel 1992,
Economics, Bounded Rationality and the
Cognitive Revolution, un libro sul rapporto tra
la razionalità limitata e l'apprendimento entro le organizzazioni.
Una successiva occasione di confronto e di condivisione di idee avvenne
in occasione delle tre Mattioli Lectures, che Simon fu invitato e tenere nel
1995; la tavola rotonda che ne seguì, e
più tardi a cena nella sede elegante della Banca Commerciale, fu per me
l'occasione di approfondire alcuni argomenti di teoria dell'impresa, e di avere
da Simon un forte incoraggiamento a proseguire lungo le linee di analisi
che discutemmo. Gli atti delle conferenze e del dibattito sono ora pubblicati
nel libro di Simon An Empirically Based
Microeconomics, per i tipi della Cambridge University
Press.
C'è infine un evento che mi piace ricordare, anche se non vissuto in
prima persona. Lo scorso anno un nostro collega, Matteo Motterlini,
attualmente ricercatore presso il Laboratorio di Scienze Cognitive e la Scuola
di Specializzazione di Rovereto, ha svolto un periodo di perfezionamento
alla Carnegie Mellon University seguendo tra l'altro il corso di Simon. Durante
una lezione Simon, spiegando alcune questioni concernenti la
decomposizione dei problemi nella teoria del
problem solving, ha detto agli studenti che
quel problema era stato affrontato con molta originalità in una piccola città del
Nord Italia chiamata Trento e ha chiesto se qualcuno di loro la conoscesse.
Così, in mezzo a tutti quegli studenti, si
è alzato Motterlini che era là quasi
per caso e ha raccontato con molto orgoglio del lavoro che si stava
portando avanti a Trento. Pochi mesi dopo, Simon ha invitato direttamente
Luigi Marengo, che è quello di noi che
più ha approfondito l'analisi della decomposizione dei problemi, alla
Carnegie Mellon per discutere con lui questi
argomenti. A fine dicembre mi scrisse per riprendere la discussione,
avvertendomi che avrebbe potuto lavorare con energia solo a partire da febbraio,
poiché doveva ricoverarsi in ospedale per un lieve intervento chirurgico.
Purtroppo gli esiti di quell'intervento si sono rivelati fatali e il nostro lungo
dialogo è stato interrotto bruscamente.
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