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   l'intervista   

Una costituzione per l’Europa?
Peter Häberle sottolinea l’importanza dell’università nella formazione di studenti e giuristi “europei"
Intervista di Fabrizio Politi a Peter Häberle

Professor Häberle, le istituzioni dell’Unione Europea registrano un deficit democratico sul quale spesso si è soffermata la riflessione degli studiosi. Quali possono essere i rimedi e quale ruolo avrà il Parlamento europeo?
Il deficit democratico dell’UE è un tema molto discusso. La posizione del Parlamento europeo deve essere ulteriormente rafforzata, ne devono essere ampliate le competenze e si dovrebbe esaminare la possibilità di un graduale sviluppo di elementi di democrazia non diretta. Il modello a cui penso è la democrazia “semidiretta”, che collega elementi di democrazia diretta e di democrazia rappresentativa. Ma il superamento del deficit democratico è compito anche dei partiti politici che dovrebbero rafforzare la coscienza europea, promuovendo tematiche internazionali e potenziando la sfera pubblica. È importante, a tal proposito, far crescere la consapevolezza della necessità di una maggiore democratizzazione e di uno sviluppo del ruolo del Parlamento, ma questo può accadere solo a tappe, come insegna Popper, attraverso riforme graduali. Il Parlamento europeo non ha saputo svolgere un ruolo dominante all’interno delle conferenze di Maastricht, di Amsterdam o della fallita conferenza di Nizza, rivelatesi conferenze meramente governative. Noi confidiamo nella grande tradizione parlamentare ed europea dell’Italia.

Fra gli argomenti del vertice di Nizza spiccavano l’allargamento dell’Europa ai Paesi dell’Est europeo e l’approvazione della Carta dei diritti. Qual è la sua opinione in merito?
Lo scopo della conferenza di Nizza non è totalmente fallito, poiché si è approvata la Carta dei diritti dell’Unione Europea che è un riuscito compromesso tra le culture degli stati membri. È sorta qualche disputa solamente in relazione al preambolo giacché Chirac, in linea con la tradizione laica della Francia, non voleva alcun riferimento alla religione. A mio avviso la cultura europea e la cultura dei diritti non sono comprensibili senza il principio cristiano, anche se credo sia necessario avere un diritto costituzionale dell’UE in materia religiosa e non più un diritto ecclesiastico statale. La Carta dei diritti, basata sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e sulle tradizioni delle singole nazioni, diventerà luogo di riflessione giuridica e punto di orientamento della giurisprudenza delle corti europee. L’Europa non è soltanto una comunità di valori fondamentali, è soprattutto una comunità di diritti fondamentali. Partendo da questo fatto ho avanzato nel 1993 la teoria di un diritto costituzionale comune europeo, realizzato attraverso i diritti fondamentali scritti, come le libertà economiche fissate nei trattati europei, e non scritti, rappresentati dai diritti fondamentali comuni alle tradizioni degli stati membri. Per quanto riguarda l’allargamento della UE, il vertice di Nizza non è stato positivo: sono particolarmente scontento del modo in cui le singole nazioni mercanteggiano sui rispettivi interessi egoistici e in questo si può riscontrare una parte dell’antico egoismo nazionalistico e l’assenza di una coscienza europea.

Il dibattito odierno si incentra sull’opportunità di una costituzione scritta per l’Europa. Lei ritiene sia giunto tale momento?
In Europa esiste già un insieme di costituzioni parziali scritte e non scritte; i trattati dell’UE sono una componente della costituzione parziale come la Carta dei diritti. Io ho cercato in questo eterno dibattito su cosa sia l’Europa, se unione di stati o unione di costituzioni, una strada alternativa e ritengo l’Europa una comunità di costituzioni. “Comunità” è un bel concetto, forse più significativo di “Unione”. In una comunità aperta si progredisce gradualmente verso le riforme e così credo che non sia ancora arrivato il tempo di formulare una costituzione piena per l’Europa ma che si debba continuare ad elaborare gradualmente costituzioni parziali, come ad esempio una Carta relativa alla divisione delle competenze tra Europa, stati nazionali, regioni e comuni. L’individuazione delle modalità e del momento più opportuno per la redazione di una costituzione più articolata è un problema “storico” nel senso che tale momento dipende da un indefinibile insieme di condizioni politiche e sociologiche, di rapporti economici, di circostanze fortunate, del kairos degli antichi o della “fortuna”. Io mi auguro che l’Europa, cogliendo il momento opportuno, che non può essere definito più precisamente, si incammini verso una graduale messa in vigore della costituzione parziale e poi un giorno deliberi, anche grazie alla giovani generazioni, una costituzione “completa”.

In questo sviluppo qual è il ruolo degli studiosi ?
Lo sviluppo di una scienza giuridica europea, già presente nei secoli scorsi, dovrebbe essere accompagnato dal progredire della scienza della costituzione degli stati e della costituzione europea.
Questo è sicuramente realizzabile grazie agli scambi fra studiosi (come nel mio caso: da dieci anni a Roma e per la prima volta, grazie alla sua ospitalità, a Trento), ma l’europeizzazione della scienza giuridica non può rimanere soltanto a livello dei professori, ma deve crescere tra gli studenti. Il giurista europeo, lo studente europeo e lo studente come giurista europeo devono essere formati all’interno dell’università.
È necessario potenziare la conoscenza delle lingue straniere: la magnifica citazione di Goethe, “Chi non conosce altre lingue, non conosce la sua stessa lingua”, può essere trasformata in “Chi non conosce un altro ordinamento giuridico, non conosce il proprio”; quindi una o due lingue comunitarie sono necessarie per inserirsi nella cultura giuridica straniera. I programmi Erasmus aiutano molto in tal senso, ma ci dovrebbero essere più riviste di formazione giuridica europea dato che in futuro l’Europa dipenderà dal “contratto fra le generazioni” che studenti e professori sapranno concludere.
 


Peter Häberle è uno dei maggiori costituzionalisti europei. Attualmente insegna all’Università di Bayreuth in Germania e all’Università di San Gallo in Svizzera. È autore di numerosi volumi concernenti, fra l’altro, i diritti fondamentali, l’Unione Europea, il diritto costituzionale comparato e la teoria dell’interpretazione. Il professor Häberle ha tenuto lo scorso 24 maggio presso la Facoltà di Economia dell’Università di Trento la conferenza Dallo stato nazionale all’U.E.: evoluzioni dello stato costituzionale, cui sono seguiti gli interventi di Paolo Ridola (Roma “La Sapienza”), Fabrizio Politi (Trento), Simona Rossi (Brema) e Roberto Toniatti (Trento).


Nella foto sopra a destra: il professor Peter Häberle