no48

  lectio magistralis  

Werner Hildenbrand e la teoria dell’equilibrio economico generale
Dovremo riscrivere i nostri libri di testo?

di K. Vela Velupillai

Immaginate, se ci riuscite, che il Papa sia venuto a tenere una conferenza dinanzi al Clero del nordest d’Italia in una sala debitamente addobbata del Castello del Buonconsiglio, per esempio in occasione di un anniversario del famoso Concilio di Trento. Supponete quindi che il Papa decida di trattare il tema dell’Immacolata Concezione e che a poco a poco l’erudito uditorio ecclesiastico si renda conto con stupore che di fatto egli ne sta mettendo in discussione la veridicità.
Dei cinque libri dei quali Hildenbrand è stato autore o coautore, tre riguardano la teoria matematica dell’equilibrio economico generale, la quale praticamente costituisce la roccaforte della teoria economica moderna. Egli non è solo una delle grandi autorità contemporanee sull’argomento, ma anche l’architetto di molte sue parti. Il fatto che lo stesso Hildenbrand abbia messo in discussione i fondamenti economici dell’edificio costruito con grande cura, eleganza e professionalità da una distinta schiera di teorici economici, lui compreso, è stato davvero comparabile al Papa che mette in discussione l’Immacolata Concezione.
Molti di noi dell’uditorio siamo cresciuti sugli eccellenti testi attraverso i quali per quasi trent’anni il professor Hildenbrand aveva esposto la teoria dell’equilibrio economico generale. Nella sostanza, si tratta di una teoria basata su alcune semplici - persino semplicistiche - assunzioni relative al funzionamento di un sistema economico astratto. Tale sistema, che per ipotesi è popolato da decision makers razionali, raggiunge un equilibrio di domanda e offerta in tutti i possibili mercati sotto alcune condizioni ben precise che riguardano il comportamento del consumatore e le possibilità produttive attivate da imprenditori che ricercano il profitto all’interno di istituzioni come le imprese. Il coronamento della moderna teoria dell’equilibrio generale - un tema con cui tutti gli studenti di Economia vengono svezzati - è racchiuso in quello che i matematici definiscono il teorema dell’esistenza: una dimostrazione rigorosa delle condizioni attraverso le quali un’economia di mercato decentralizzata, popolata da agenti del tipo sopra descritto, potrebbe raggiungere un’allocazione di equilibrio delle risorse scarse che risponde ad una concezione di ottimalità ben precisa, articolata per la prima volta da Vilfredo Pareto all’inizio del ventesimo secolo.
Benché la base per una definizione formale del raggiungimento di un equilibrio tra le forze della domanda e dell’offerta attraverso la mano invisibile sia stata magistralmente articolata per la prima volta da Adam Smith, fu solo con i fondatori della Scuola di Losanna, Léon Walras e Vilfredo Pareto, che l’idea ricevette una formalizzazione precisa e matematica. Il professor Hildenbrand ci ha tuttavia diffidati dal simpatizzare con gli economisti che tentano di formalizzare matematicamente ogni aspetto dell’economia. Secondo l’opinione da lui espressa, peraltro estremamente ragionevole, ci sarebbe un abisso incolmabile tra la visione economica del teorico e la possibile formalizzazione matematica di tale visione. A mano a mano che la sua esposizione procedeva, ci rendevamo conto che si trattava di un filo interpretativo importante nella sua ricostruzione del percorso della teoria economica verso la modernità: la frattura si era massicciamente allargata nei tre quarti di secolo che vanno da Walras ad Arrow-Debreu.
L’eccellente ricostruzione del professor Hildenbrand di come si è evoluta la formalizzazione del problema fondamentale della domanda e dell’offerta è stata una Whig History per eccellenza. Come punto di partenza Hildenbrand ha preso la formalizzazione matematica moderna dell’equilibrio ottimale di mercato in un’economia decentralizzata resa famosa da Kenneth Arrow e Gerard Debreu nei primissimi anni Cinquanta. La sua domanda quasi controfattuale è stata: se adesso siamo qui, da dove siamo partiti? Questo quesito, per sua stessa natura, può avere ovviamente molteplici risposte alternative. Il grande merito delle abilità espositive e della notevole erudizione di Hildenbrand è stato quello di riuscire a localizzare nelle opere di Léon Walras un punto di partenza preciso seguito da un percorso credibile nello sviluppo della teoria dell’equilibrio generale sino all’apice rappresentato dal contributo di Arrow e Debreu. Questo percorso, come il professor Hildenbrand ha efficacemente dimostrato, è stato scandito da eccellenti contributi parziali ad opera di una schiera di teorici economici di grande levatura e perfino di outsiders alla professione (tra cui un banchiere, Schlesinger, ed un matematico, Wald) i quali, passo dopo passo, hanno rifinito la struttura originale di Walras fino a renderla duttile alle manipolazioni matematiche senza compromessi con l’intuizione logica o economica. Quest’ultima includeva soprattutto la necessità di accertare che il ragionamento matematico non portasse ad assurdità economiche, ad esempio a prezzi di equilibrio tra domanda ed offerta negativi.
Fin qui, il professor Hildenbrand non era ancora il Papa che mette in dubbio l’Immacolata Concezione. Egli stava raccontando una buona storia, supportata da accurati riferimenti testuali, sul come siamo arrivati al punto in cui ora ci troviamo. Bisognava soltanto condividere alcune delle regole di base della narrazione, nello specifico bisognava riconoscere i pregi di una Whig History. Tuttavia, dopo aver descritto il percorso che a suo avviso ci ha portato allo stato attuale della teoria dell’equilibrio generale, Hildenbrand non si è soffermato a chiedersi se lo stesso punto di partenza in Walras o un punto di partenza leggermente diverso avrebbe potuto generare percorsi alternativi e portarci ad un presente diverso, più interessante. Questo non era il suo scopo.
A questo punto Hildenbrand - per così dire - ha invece cambiato marcia suggerendo con una logica impeccabile che quella in cui siamo ora è da un punto di vista economico una posizione priva di senso. L’esercizio di provare matematicamente l’esistenza dell’equilibrio ha finito per diventare un passatempo fine a se stesso di studiosi con intuizione o formazione economica inadeguata, ma dotati di quel tanto di conoscenza matematica che consente loro di esplorare ipotesi “economiche” alternative, non fondate sulla realtà economica, capaci di generare equilibri di quasi tutti i tipi ed in qualsiasi numero, praticamente su ordinazione.
Hildenbrand ha concluso la sua lezione con un suggerimento su come possiamo progredire oltre la sterilità degli esercizi accademici che si prefiggono di provare l’esistenza di un equilibrio economico. Il suo principale suggerimento è che gli economisti devono liberarsi della pericolosa abitudine di ipotizzare entità metafisiche come le funzioni di utilità. A suo avviso, una linea di ricerca fruttuosa potrebbe essere quella di iniziare da costruzioni economiche ovvie - come le funzioni di domanda e offerta - rapportandole alle caratteristiche comuni a gruppi identificabili di agenti economici, studiati probabilisticamente.
La lectio magistralis è stata impartita dal professor Hildenbrand con autorevolezza, lucidità ed eleganza su un argomento di importanza cruciale tanto per i teorici economici quanto per coloro che ne sostengono la rilevanza ai fini dell’interpretazione e dello studio della realtà economica. Dubito che qualcuno tra il pubblico si aspettasse che Hildenbrand giungesse ad un verdetto così sorprendentemente negativo su un tema al cui straordinario sviluppo e alla cui eleganza formale egli stesso ha dato contributi così famosi.
D’ora in avanti dovremo riscrivere i nostri libri di testo e disimparare alcune teorie alle quali ci eravamo tanto affezionati!

 

Foto al centro: Werner Hildenbrand.

 

Articolo in lingua originale inglese