Energia: prospettive per uno
sviluppo sostenibile
Il IV Colloquio Italo-Tedesco per la Scienza
di Aronne Armanini
Dal 16 al 18 gennaio si è svolto presso il
nostro ateneo il IV Colloquio Italo-Tedesco per la Scienza. L’incontro, organizzato
dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Land del Baden Württemberg, insieme
alle Università di Trento e Karlsruhe, è un appuntamento annuale che riunisce scienziati, tecnici e imprenditori
italiani e tedeschi per approfondire una tematica di comune interesse. Il tema del Colloquio del 2003 è
stato quello delle energie alternative e delle energie rinnovabili.
Il problema energetico rappresenta senz’altro uno dei vincoli più importanti
del modello di sviluppo della nostra società. Si può affermare che il controllo
delle fonti energetiche abbia rappresentato uno dei temi di confronto e scontro tra le nazioni, che hanno accompagnato
molti dei conflitti del secolo scorso; inoltre le politiche energetiche hanno condizionato il ritmo
di sviluppo della nostra economia. La crisi del petrolio prodotta dalla guerra
arabo-israeliana del Kippur (1973), cui seguì nel 1979 la crisi iraniana, ha
messo per la prima volta la società occidentale ed il grande pubblico di fronte
alla constatazione che il flusso delle fonti energetiche poteva essere rallentato
o interrotto dalla precarietà dei rapporti tra le nazioni. L’aumento del
prezzo del petrolio e la criticità della situazione hanno indotto parallelamente
le grandi società petrolifere a riprendere le indagini anche in aree politicamente
più stabili. I nuovi giacimenti hanno fatto aumentare le risorse: oggi si ritiene che le riserve di fonti
energetiche non rinnovabili siano sufficienti per un periodo compreso tra i
50 e i 250 anni, purtroppo però i costi di estrazione sono progressivamente
aumentati.
Qualche decennio dopo, la società occidentale è stata posta di fronte ad un
secondo problema legato alle fonti energetiche: l’uso dei combustibili fossili
porta un crescente aumento di alcuni gas serra, in particolare dell’anidride
carbonica. Probabilmente le attività antropiche non sono l’unica causa
del cambiamento climatico, ma certamente ne rappresentano una concausa importante. Per cercare di migliorare
la sostenibilità ambientale del modello di sviluppo allora largamente diffuso,
basato sul concetto dell’inesauribilità delle fonti naturali, gli Stati hanno
tentato di accordarsi su programmi di contenimento dei consumi con una serie
di conferenze intergovernative (particolarmente importanti quelle di Rio
e di Kyoto). Questi appuntamenti internazionali tuttavia, passato un certo
entusiasmo iniziale, hanno mostrato come sia difficile approdare ad accordi
tra gli Stati che comportino limitazioni allo sviluppo tecnologico, ma hanno avuto il merito di sensibilizzare strati di popolazione sempre più
larghi
sulla questione della sostenibilità dello sfruttamento delle fonti energetiche.
Il mondo della ricerca scientifica e il mondo dell’industria hanno avviato
una serie di grandi progetti con l’obiettivo di mettere a disposizione nuove
tecnologie e nuove fonti energetiche a basso impatto ambientale. Queste alternative
non sono tuttavia a portata di mano, soprattutto per i costi che sono ancora estremamente
elevati. Oggetto del Colloquio Italo-Tedesco è stato appunto lo stato di avanzamento
di queste nuove tecnologie.
Tra le fonti alternative, l’energia eolica è apparsa quella attualmente oggetto
del maggior sviluppo. Lo sfruttamento dell’energia cinetica dei venti rappresenta,
infatti, una fonte energetica priva di emissioni ed indefinitamente rinnovabile. Le centrali eoliche sono
costituite da batterie di turbine a vento di notevole altezza, dotate di due o tre
eliche e possono coesistere con l’attività agricola, anche se presentano impatti
acustici non trascurabili. Lo sfruttamento dell’energia eolica richiede
grandi spazi dove collocare le batterie di generatori e venti costanti, di valore
medio superiore ai 3.5 m/s. Germania, Spagna e Danimarca hanno fatto investimenti
crescenti in questo settore, tanto che questa fonte rappresenta, rispettivamente,
l’1% (D), l’1,3% (E) e il 7,8% (DK) dell’energia elettrica prodotta.
Purtroppo solo poche regioni italiane hanno queste caratteristiche. Nelle aree
montane i venti presentano anche picchi notevoli, ma non sono abbastanza
costanti nel tempo. I ricercatori stanno sperimentando turbine eoliche capaci
di funzionare anche con venti intermittenti e adatte a climi ostili: la formazione
di ghiaccio sulle pale è uno dei fattori limitanti al loro impiego; anche sul
problema del rumore, impatto negativo dei generatori eolici, si sta cercando
di intervenire.
A Trento lo sfruttamento dell’energia eolica è studiato da un gruppo di ricercatori,
coordinato da Lorenzo Battisti del Dipartimento di Ingegneria meccanica e strutturale, mentre sulla
mappatura dei siti in ambiente montano è attiva un’equipe coordinata da
Dino Zardi del Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale. Un certo entusiasmo è stato prodotto
anche dalle prospettive dell’energia geotermica, che potenzialmente sarebbe
sufficiente a soddisfare tutta la domanda attuale di energia. In questo caso
si tratta di sfruttare il riscaldamento prodotto dall’aumento di temperatura che
sistematicamente si incontra scendendo in profondità nel sottosuolo. L’Italia è
certamente antesignana in questa tecnologia con il sistema di centrali sorte
nei dintorni di Larderello in Toscana per una potenza complessiva installata di
circa 600 MW.
Le fonti geotermiche più appetibili sono rappresentate dalle intrusioni
magmatiche che portano la fonte di calore, data dal magma caldo, ad una distanza
dalla crosta terrestre sfruttabile tecnologicamente. Durante la conferenza
è stato illustrato anche un programma sistematico avviato in Germania per mappare i siti più
convenienti: siamo ancora nella fase delle ipotesi, ma le prospettive sembrano assai interessanti.
Due delle sezioni del Colloquio sono state dedicate all’idrogeno. L’idrogeno
è vettore di energia e non fonte energetica, in quanto non esistono miniere
di idrogeno. L’idrogeno combinato con l’ossigeno dell’aria dentro a celle a
combustibile (fuel cells), produce energia, acqua e calore; si tratta quindi di
un processo particolarmente pulito. Bruciare idrogeno risolverebbe il problema
dell’emissione dei gas nocivi ed in particolare delle polveri sottili,
insidiosissime emissioni che oggi impongono periodicamente la chiusura al
traffico dei centri abitati. Le celle a combustibile alimentate ad idrogeno
consentirebbero l’utilizzo della trazione elettrica con grande autonomia, ma
hanno ancora limiti di ingombro e di sicurezza, e soprattutto di costi. Celle
a combustibile alimentate ad idrogeno sono impiegate oggi nei veicoli spaziali
e su alcune vetture sperimentali: la BMW ha installato su alcune automobili
motori a combustione interna ad idrogeno, altri costruttori (Daimler-
Chrysler, Toyota, General Motors) prevedono invece l’uso di fuel cells per
produrre energia elettrica con cui alimentare motori elettrici. La produzione
di idrogeno non risolve in genere il problema dell’anidride carbonica.
L’idrogeno, anche se ottenuto utilizzando i tradizionali combustibili fossili,
ha tuttavia il vantaggio che l’anidride carbonica verrebbe prodotta in centrali
ben localizzate e non come avviene oggi in forma diffusa. Questo fatto potrebbe
consentire lo stoccaggio dell’anidride carbonica, per esempio nel sottosuolo, sfruttando i pozzi petroliferi
esausti.
Contributi consistenti sull’uso dell’idrogeno sono venuti dal gruppo di ricerca
del Dipartimento di Fisica della nostra Università coordinato da Antonio
Miotello. Il gruppo è impegnato in ricerche sugli idruri metallici opportunamente
trattati con catalizzatori per ottimizzare le cinetiche di assorbimento-
desorbimento dell’idrogeno, nonché sull’efficienza di immagazzinamento
con densità che già superano quella del liquido criogenico. L’utilizzo di
idrogeno in particolari celle a combustibile richiede un alto grado di purezza
del gas per evitare contaminazioni dei materiali che catalizzano la dissociazione della molecola. L’iniezione
di idrogeno ad alta purezza avviene tramite membrane ad alta selettività
messe a punto anche nei laboratori del Dipartimento di Fisica.
Un settore di nicchia, poco significativo a livello europeo, ma che potrebbe interessare
il Trentino è quello della produzione di idrogeno dalle biomasse o dalla gassificazione di rifiuti organici.
Questo è uno dei temi proposti dal gruppo di Paolo Baggio del Dipartimento di
Ingegneria civile ed ambientale.
In alto a destra:
impianto per la produzione di energia eolica;.
in alto a sinistra: conferenza di apertura del IV Colloquio
Italo-Tedesco per la Scienza;
in basso a sinistra: tavola rotonda del IV Colloquio Italo-Tedesco per la Scienza; da sinistra: Davide
Ramm, Marco Artisari Vittori, Roberto Pinter, Franz Mesch, Werner Lehnert;
sotto: prototipo in scala del sistema navetta-ogiva-innesto pale di generatore eolico per misure
sperimentali, realizzato dal Dipartimento di Ingegneria meccanica e strutturale dell’Università
di Trento.
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