Vettore idrogeno: energia a basso impatto ambientale
Il Dipartimento di Fisica impegnato in un settore di ricerca innovativo
di Antonio Miotello
È noto che il problema dell’inquinamento
ambientale è fortemente connesso all’utilizzo di prodotti fossili (metano, derivati
del petrolio) la cui combustione ha come sottoprodotti il monossido ed il biossido di
carbonio (CO, CO2) oltre ad un certo numero di gas nocivi alla salute,
quali ad esempio il biossido di azoto NO2.
L’impiego dell’idrogeno, come vettore energetico, si sta proponendo come la soluzione più promettente
a questi problemi. Alcune ricerche alquanto innovative, svolte presso il Dipartimento di
Fisica dell’Università di Trento, hanno come oggetto la produzione, l’immagazzinamento e l’utilizzo
dell’idrogeno: un contributo importante per ottenere energia “pulita”, ossia a basso impatto
ambientale.
L’idrogeno in combinazione con l’ossigeno dà luogo a reazioni chimiche che portano alla produzione
di energia termica (reazione di combustione diretta) oppure elettrica (reazione
elettrochimica): in ognuno dei due processi i sottoprodotti della reazione sono unicamente
acqua ed energia termica.
Sebbene l’idrogeno sia l’elemento chimico più abbondante sul nostro pianeta, si trova principalmente
legato sotto forma di acqua H2O o di idrocarburo (CH4,
C6H6 …): il principale ostacolo da superare resta quindi
la sua estrazione al fine di ottenerlo sotto forma di molecola H2.
I due metodi per la produzione di idrogeno.
L’elettrolisi dell’acqua. Si tratta di un processo elettrochimico che permette di ricavare dall’acqua
idrogeno gassoso H2. La tecnica non è inquinante, dato che l’unico prodotto di scarto del processo
è l’ossigeno O2.
Gli impianti commerciali di elettrolisi sono ottimizzati per la produzione d’idrogeno ad alta
purezza e presentano impatto ambientale nullo.
Il reforming di gas naturali (metano,…). Il reformer è un dispositivo in
grado di convertire tramite processi chimici concatenati idrocarburi naturali, quali ad esempio il metano, in
miscele gassose ricche d’idrogeno; c’è però produzione di anidride carbonica che può, almeno in linea
di principio, essere confinata. L’energia termica che stimola la reazione di reforming viene fornita
principalmente dalla stessa reazione catalitica. Il reformer, essendo poi completamente indipendente,
può essere accoppiato a celle a combustibile PEM (Proton Exchange Membrane).
I sistemi di reforming sono un prodotto tecnologico relativamente recente le cui prestazioni vanno
ancora ottimizzate. L’uso dei reformer risulterebbe di immediata implementazione data la presenza
di impianti per la distribuzione commerciale del gas metano. Resta tuttavia da risolvere
in maniera efficace il problema legato alla produzione di gas ad effetto serra: va però
evidenziato che, a parità di energia prodotta, il sistema di reforming del metano, accoppiato a
celle a combustibile PEM, comporterebbe comunque una riduzione del 30% delle emissioni nocive
rispetto all’uso tradizionale nelle centrali termoelettriche (combustione diretta).
L’immagazzinamento dell’idrogeno.
I metodi ad oggi conosciuti per l’immagazzinamento dell’idrogeno sono
essenzialmente tre.
1. Compressione del gas e contenimento in apposite bombole a temperatura ambiente
e pressione compresa tra 150 atm e 200 atm (normativa ISO-9001). L’immagazzinamento dell’idrogeno
in forma gassosa richiede sistemi per la compressione del gas ed il rispetto di norme di
sicurezza, dato il carattere altamente esplosivo delle miscele gassose formate da aria e idrogeno.
Oltre ai problemi di sicurezza, questo metodo di immagazzinamento è poco conveniente dal
punto di vista dei volumi occupati.
2. Liquefazione del gas e contenimento del liquido criogenico in appositi serbatoi, in
cui il liquido è mantenuto ad una temperatura di circa -253°C (20,3K).
L’immagazzinamento dell’idrogeno sotto forma di liquido richiede
compressione e forte raffreddamento del gas, fino alla temperatura di -253°C. Anche questa tecnica
d’immagazzinamento richiede il rispetto di severe norme di sicurezza. Ricordiamo inoltre che
l’energia che si spende nel processo di compressione e liquefazione del gas è circa pari ad un
quarto dell’energia che si può ricavare dalla combustione della stessa quantità d’idrogeno.
Un grosso problema è legato alla necessità di mantenere il liquido costantemente alla temperatura
di -253°C e questo comporta, nonostante i sistemi di isolamento termico disponibili, una
continua domanda di energia da parte del sistema di refrigerazione.
3. L’assorbimento del gas in particolari leghe metalliche (idruri
metallici). La tecnologia innovativa più conveniente e sicura, sperimentata
anche presso il Dipartimento di Fisica di Trento, viene offerta dall’impiego
dei cosiddetti idruri metallici, materiali in grado di assorbire forti quantitativi d’idrogeno.
Caratteristiche principali di leghe in grado di formare idruri:
- quando il materiale è esposto ad una pressione d’idrogeno dell’ordine di 1÷10atm, il gas è assorbito
spontaneamente dal materiale. Tale processo è di tipo esotermico;
- quando l’idruro viene riscaldato a temperature definite rilascia l’idrogeno assorbito e assorbe il
calore fornito in un processo endotermico: il gas rilasciato è idrogeno puro. Questo facilita la gestione
del sistema di immagazzinamento poiché, dati i meccanismi fisici di rilascio connessi semplicemente
a fenomeni di evaporazione, non si potranno mai verificare condizioni di esplosione;
- se il sistema è integrato con una cella a combustibile, la quantità di calore necessaria, al riscaldamento
dell’idruro, può essere fornita dal carico di raffreddamento della cella ed avere in questo
modo un costo insignificante. Così, idruri metallici potrebbero ben integrarsi con celle
PEM, che devono essere mantenute ad una temperatura di 70-80 °C.
L’utilizzo dell’idrogeno.
La cella a combustibile (tipo PEM) è un dispositivo che converte direttamente l’energia chimica
dei reagenti (un combustibile, l’idrogeno H2 ed un ossidante, l’ossigeno
O2) in energia elettrica, sotto forma di corrente continua a bassa tensione.
Diversamente dalle comuni batterie, la cella a combustibile non utilizza sostanze
che ne costituiscono parte integrante, ma opera finché viene rifornita di combustibile ed ossidante.
Un flusso d’aria porta l’ossigeno al catodo, mentre l’idrogeno è introdotto contemporaneamente
nell’anodo. In presenza di un catalizzatore al platino, l’atomo d’idrogeno risultante dalla scissione
della molecola H2 si ionizza: il protone passa attraverso un elettrolita (PEM) raggiungendo il catodo,
l’elettrone passa attraverso un circuito esterno, generando una corrente che può essere utilizzata
da un carico. Al catodo, elettrone, protone e ossigeno si riuniscono per generare acqua
H2O (in forma di vapore) ed energia termica.
Dipartimento di Fisica
L’attività di ricerca del Dipartimento di Fisica è organizzata in 9 laboratori e un’unità di Fisica
teorica e computazionale:
Laboratorio di Fasci atomici e molecolari
Laboratorio di Chimica bioorganica
Laboratorio di Biofisica
Laboratorio di Fisica degli elettroni e dei positroni
Laboratorio di Fisica sperimentale della gravitazione e delle basse temperature
Laboratorio di Impianto ionico e di fisica dei nuovi materiali
Laboratorio di Spettroscopia ottica
Laboratorio di Comunicazione della scienza fisica
Unità di Fisica teorica e computazionale
Laboratorio di Radiazione di sincrotrone
Direttore: Antonio Miotello
Sede: Via Sommarive, 14 - loc. Povo, I-38050 Trento
e-mail: dipfis@science.unitn.it
http://www.unitn.it/dipartimenti/fisica/
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In basso a sinistra: Laboratorio Impianto ionico e di fisica dei nuovi materiali del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento.
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