Comunicazione, settore strategico per gli atenei
Un’indagine dell’Associazione Italiana Comunicatori d’Università
di Marinella Daidone
La comunicazione universitaria è ormai a tutti gli
effetti considerata leva strategica per il posizionamento dell’Università nella società e per
lo sviluppo dei rapporti con i diversi stakeholders. A rivelarlo è la terza
indagine realizzata dall’AICUN - Associazione Italiana Comunicatori d’Università - sullo stato della
comunicazione nelle università italiane, presentata il 27 e 28 marzo a Roma in occasione del seminario su
“Etica e qualità nella comunicazione delle Università”.
A distanza di dieci anni dalla prima indagine realizzata dall’AICUN nel 1992, è stata presentata
un’analisi a 360° sulla comunicazione universitaria, dal punto di vista di chi vi opera professionalmente
dall’interno, per mettere in luce cambiamenti, obiettivi, punti di forza e di debolezza.
Tramite questionario, sono state raccolte le risposte di 51 università - oltre
il 66% degli atenei italiani - un campione sicuramente rappresentativo anche
rispetto alle diverse aree geografiche. Il primo dato, di indubbio valore, che emerge
dalla ricerca, è che nel totale (100%) delle università che hanno risposto vengono
sviluppate attività di comunicazione e che nel 98% degli atenei esiste almeno una specifica struttura, creata
ad hoc per sviluppare tali attività.
Viene quindi sottolineato l’incremento notevole della comunicazione universitaria negli ultimi
dieci anni: nel 1992, infatti, il 37% degli atenei non aveva una struttura specifica per le attività di
comunicazione che venivano per lo più svolte da uffici di segreteria del rettorato.
Non solo le strutture che gestiscono la comunicazione sono aumentate vertiginosamente, ma si
sono anche differenziate nelle funzioni, segno della sempre maggiore consapevolezza dell’importanza
della specializz zione per comunicare con target molto diversi tra loro per caratteristiche
ed esigenze. Le più diffuse, a pari “merito” con il 71% sono le strutture di orientamento preuniversitario
e l’ufficio stampa, seguono l’orientamento post-universitario (55%), la comunicazione
(51%), gli URP (43%), le relazioni pubbliche (37%) il marketing (27%). L’Università Bocconi,
unica significativa eccezione, più che una struttura ha creato una vera e propria
Srl, denominata Bocconi Comunicazione.
Tra gli obiettivi perseguiti dalla politica di comunicazione, prioritaria è la funzione informativa
(“informare sulle attività dell’ateneo”), rispetto all’obiettivo
di “migliorare l’immagine dell’università”, che è comunque al secondo posto. Fornire
informazioni diventa di primaria importanza visto il disorientamento che i giovani, le
famiglie e i mass media dimostrano nei confronti dei radicali cambiamenti prodotti dalla riforma universitaria.
Altro obiettivo di rilievo è il miglioramento della comunicazione interna, mentre è ancora
scarsamente implementata l’attività di fund raising. Per quanto riguarda gli strumenti, oltre alle “tradizionali”
pubblicazioni (guide, depliant, bollettini, periodici ecc.), a focalizzare l’attenzione è ormai il sito web
d’ateneo e la comunicazione via e-mail; da tener presente è inoltre la crescente attenzione verso
altri strumenti multimediali come ad esempio i video.
Nel corso degli anni le risorse sono state adeguate alle mutate esigenze: nel 1992 solo nel 25%
delle università esisteva un budget appositamente dedicato alle attività di comunicazione, mentre nel
2002 l’82 % degli atenei ha un budget dedicato. Tale sviluppo si è avuto anche in considerazione della
Direttiva Frattini del 2002 che prevede per gli enti pubblici l’istituzione di un capitolo di spesa per le
attività di comunicazione pari ad almeno il 2% del bilancio generale dell’ente.
Migliorata è anche la situazione complessiva di coloro che fanno comunicazione: gli atenei tendono
a valorizzare molto di più, rispetto al passato, la professionalità del comunicatore
e le sue funzioni.
Per concludere, dall’indagine sembrano emergere due obiettivi fondamentali che
guidano le strategie comunicative degli atenei. Da un lato rendere più accessibile
e comprensibile l’approccio alla struttura universitaria da parte dei “clienti primari”,
ossia gli studenti. Dall’altro, incrementare e migliorare le relazioni
tra gli atenei e il tessuto sociale in cui essi sono inseriti per valorizzare il ruolo chiave che
le università hanno nello sviluppo della società.
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