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  dottorati di ricerca  

Il dottorato internazionale in Filologia classica
Dal teatro greco alla poesia latina
di Vittorio Citti

Un dottorato di ricerca può essere costituito solo intorno ad un progetto scientifico forte, che raccolga intorno a sé una o più ricerche dotate di punti di interesse comuni e che orienti gli allievi secondo alcune direttrici di indagine significative sul piano nazionale e internazionale. In particolare un dottorato internazionale può esistere soltanto come punto di incontro di tendenze di ricerca rappresentative dei metodi che in prospettiva internazionale qualifichino l’identità scientifica dei paesi partecipanti. Questo è tanto più vero per il fatto che un dottorato di questo tipo comporta spese più rilevanti di quelle di un dottorato nazionale, incentrato su una singola università o su università vicine, per le necessarie spese di mobilità di docenti ed allievi: il maggior costo che ricade sulla comunità deve essere compensato sul piano della qualità della ricerca e della formazione ad essa.
L’impulso iniziale per costituire un dottorato in filologia classica a Trento è stata l’attenzione che Pierre Judet de la Combe, Carles Miralles, Bernhard Zimmermann ed io avevamo per il teatro classico. Era nostra intenzione pubblicarne i testi con un’ottica in parte diversa dai principi editoriali prevalenti oggi in Europa, soprattutto ad opera della scuola filologica inglese, che ha studiato splendidamente i manoscritti, ma poi spesso ha costituito i testi in modo arbitrario secondo una concezione astratta ed astorica della filologia, che non a caso risale al grande Bentley (1662-1742), fissando regole assolute per grammatica, lessico e metrica del greco. Su questa ipotesi iniziale, e sull’esperienza che ognuno di noi aveva dei testi, abbiamo costituito il dottorato; inizialmente limitato per ragioni burocratiche a Trento e a Lille, e in seguito a Cagliari, e che speriamo possa allargarsi presto ad altre istituzioni: sono in corso contatti con l’EHESS di Parigi e con Barcellona.
Questi anni di lavoro comune con i nostri allievi ci hanno portato a determinare in corso d’opera le ipotesi iniziali, che avevamo formulato in occasione del primo seminario internazionale eschileo di Cagliari, nel maggio 1998, nel quale ci siamo confrontati tra noi e con i colleghi inglesi. Nei successivi seminari che abbiamo tenuto con scadenza biennale qui a Trento, nell’ottobre del 2000 e in quello del 2002, ma soprattutto nei dibattiti che abbiamo tenuto con i nostri dottorandi, verificando le loro ricerche, siamo giunti a orientamenti sempre più precisi, al punto che sono ormai evidenti certe prime conclusioni ed è possibile pensare a realizzazioni più visibili.
Gli argomenti studiati nel primo ciclo, che il 18 febbraio 2003 sono stati affrontati durante la discussione delle tesi di dottorato, riguardavano il teatro di Eschilo, e negli anni seguenti altri si sono aggiunti (sulle strutture paratragiche in Erodoto, su Aristofane, sul quarto libro delle Odi di Orazio e sull’epicureismo romano). Tuttavia già nelle prime tesi è evidente il metodo: ci siamo proposti di costruire, secondo la poetica propria del poeta, testi che spesso sono stati editi in modo abbastanza insoddisfacente, prestando attenzione precisa a una lingua poetica spesso intenzionalmente oscura, in modo da rivalutare la tradizione manoscritta che gli editori degli ultimi cinquant’anni hanno talvolta scientemente alterato. Questo progetto di storicizzare la tradizione a stampa risulta dall’incontro della tradizione filologica italiana, che attraverso il magistero di Pasquali si riporta all’indirizzo di Hermann, con quella della scuola di Lille, che ha recuperato il metodo che la ispira da Schleiermacher (e quindi dal grande antagonista di Hermann, A. Böckh); un forte arricchimento metodologico dovrebbe essere introdotto dall’inserimento dei colleghi di Barcellona, con le loro ricerche storico-antropologiche. Disponiamo quindi di una base autenticamente internazionale che giustifica l’impegno scientifico ed anche economico delle università consorziate. In questi anni di collaborazione, valendoci anche delle risorse concesse dal MIUR per ricerche di interesse nazionale, abbiamo proceduto anzitutto ad una revisione degli attuali repertori delle congetture, riguardo alle edizioni più antiche, che vi sono assai mal rappresentate; quindi abbiamo proposto agli allievi lo studio di alcune tra le prime edizioni, e così il 18 febbraio si è discusso di Dorat e di Tournebus, oltre che del testo dei Sette. Circa una quindicina di contributi di nostri allievi sono usciti o stanno per uscire a stampa; nel giro di un paio di anni le tesi discusse nel febbraio 2003 saranno pubblicate, ed entro il 2004 contiamo di terminare la revisione delle antiche edizioni, in modo da far uscire l’anno seguente il New Repertory of Conjectures on the Text of Aeschylus, che sarà pubblicato ad Amsterdam nei Lexis research Tools e dovrà sostituire i repertori esistenti.
In questa rivisitazione della tradizione a stampa di Eschilo c’è anche il recupero del commento inedito alle Coefore del roveretano Mario Untersteiner, un lavoro significativo per il modo di rapportarsi con la tradizione, che abbiamo pubblicato ad Amsterdam e presentato il 29 gennaio di quest’anno a Rovereto.
La revisione delle antiche congetture ci ha imposto di raccogliere su microfilm il materiale bibliografico su Eschilo dalla editio princeps (1518) alla fine del Settecento e renderlo fruibile su CD grazie all’opera dei tecnici del CTM dell’Università di Trento; ora stiamo integrando la bibliografia sul poeta in seguito a contatti con la Staats- und Universitätsbibliothek di Göttingen, e pensiamo di rendere disponibili queste pubblicazioni on line ovvero su print on demand, in modo da costituire una biblioteca eschilea virtuale, tramite un progetto di collaborazione con l’editore Liguori che gli uffici del Dipartimento di Scienze filologiche e storiche stanno studiando.
Tutto questo lavoro tende naturalmente ad un’edizione, e il fatto stesso di aver messo insieme una équipe che da tempo ha collaudato i propri metodi di indagine sulla lingua e la dizione eschilea, nonché a quelli metrici e testuali che vi sono connessi, ne costituisce la premessa. Ci stiamo muovendo con cautela tra le possibilità editoriali esistenti, cercando di far valere la condizione privilegiata del fatto che siamo un gruppo abbastanza organico e coeso per poter pensare di produrre in una decina di anni un’edizione delle sette tragedie con traduzione e commento.
Esiste il problema della collocazione professionale: è pur vero che non sono frequenti i progetti scientifici fondati su una composizione di metodi, e che i nostri dottorandi non vengono solo da Trento, ma in ogni caso sarebbe utopistico pensare che sia utile sfornare ogni anno quattro o cinque filologi classici. Credo che sia possibile prospettare per i nostri allievi una destinazione alternativa.
Ricordo che una decina di anni fa un mio compianto amico, preside della Facoltà di Lettere di Milano “Cattolica”, si prospettava l’impiego di laureati in lettere classiche nel terziario milanese: mi disse che l’interesse di diverse aziende per questi laureati, e soprattutto i risultati riportati, erano considerevoli. In realtà persone che abbiano ricevuto una formazione altamente formalizzata, associata ad una capacità di pensare il mondo e agire, come avviene per la filologia classica o moderna, e anche per l’analisi matematica e la fisica teorica, abituati come sono a risolvere problemi assolutamente imprevedibili a priori e con n incognite, e a modificare il loro pensiero in relazione all’esperienza, possono riuscire meglio di altri ad affrontare quelli attualissimi che sono posti dalla gestione di strutture organizzative altrettanto complesse e imprevedibili come quelle che impiegano prevalentemente risorse umane.

 

Il bando per il dottorato di ricerca in Filologia classica - n. 4 posti di cui 2 con borsa di studio - è consultabile online all’indirizzo: www.unitn.it/ricerca/dottorati_form_av/bandi_19.htm

 


 

I primi titoli del dottorato internazionale in Filologia classica sono stati conferiti il 18 febbraio 2003 ad Anna Galistu, a Stefano Novelli ed a Matteo Taufer.

Nella foto il teatro di Erode Attico ad Atene.