Comunicare
la fisica
L’attività
e le collaborazioni del Laboratorio di Comunicazione delle scienze fisiche
Intervista di Katia Ruaben
a Stefano Oss
Per
comunicare le scienze in modo
nuovo ed efficace è nato, nel novembre
del 2002, nell’ambito del
Dipartimento di Fisica il Laboratorio
di Comunicazione delle scienze
fisiche che raccoglie l’eredità del Laboratorio
didattico-fisico di cui è estensione ed aggiornamento.
Pianeta Rosso. In viaggio verso Marte è il titolo
della mostra, aperta ad aprile e che si potrà visitare
fino al 25 gennaio 2004 al Museo G. Caproni
di Trento, organizzata dal Museo Tridentino di
Scienze Naturali grazie alla collaborazione con
il Laboratorio di Comunicazione delle scienze
fisiche. Stefano Oss ci ha parlato della mission del nuovo
Laboratorio, di cui è direttore, e dei contenuti
della mostra.
Perché dedicare un Laboratorio alla
comunicazione delle scienze fisiche?
È un dato di fatto che la gente comune sappia
molto poco di fisica anche se questo, a quanto
sembra, appare come un danno minore: viene
tacciato di ignoranza chi non conosce Dante e
non chi non sa la differenza tra un neutrone e un protone!
Il Laboratorio di Comunicazione delle scienze fisiche
basa la sua attività anche su questa constatazione
e si occupa, appunto, dello studio e della
ricerca di modalità di insegnamento e di divulgazione
della fisica, proponendosi di cercare modi
nuovi, e accattivanti, di comunicare questa scienza.
Si pensava, fino a poco tempo fa, e forse ancora
oggi, che la fisica fosse quella scienza di cui si
occupano persone un po’ strane, dedite a fare
esperimenti impossibili e a scoprire cose astruse.
Al contrario è importante rendersi conto che in
una società multitecnologica come la nostra le
applicazioni della fisica sono ad ogni angolo: al
supermercato, per fare un esempio quotidiano,
il meccanismo laser che legge il codice a barre è
un risultato di ricerche fisiche.
Nel caso del referendum sul nucleare credo che
pochi italiani avessero le giuste competenze per
poter scegliere correttamente; dopo Cernobyl si
diceva che fosse una cosa brutta e pericolosa; in
effetti può esserlo, ma è anche una fonte di energia
molto preziosa che potrebbe evitare gli imponenti
black-out di questi tempi. Potrei fare
molti altri esempi per far capire che la fisica ha a
che fare con la nostra vita di tutti i giorni.
Quali sono gli obiettivi che il Laboratorio
si propone?
Quando si chiede ad uno studente qual è la materia
che più odia a scuola, una percentuale spaventosamente
elevata risponderà: “la fisica”. Se
poi si chiede il motivo la risposta sarà: “perché
è
difficile e inutile”. È paradossale però se pensiamo
che i giovani hanno una grande dimestichezza
con mp3, cd, dvd... tutte cose che per essere
capite hanno bisogno del linguaggio della scienza
fisica!
Questo significa che
la modalità di insegnamento
non è appropriata
e che la fisica
della scuola è “vecchia”,
è quella del
pendolo, del piano
inclinato, delle bobine
percorse da corrente
che nessuno
vede mai applicata,
almeno direttamente.
In linea con altri laboratori
a livello mondiale,
il nostro obiettivo
è quello di lavorare
al servizio della
comunicazione della scienza, come ho detto prima.
Questo si concretizza in un primo passo che
è quello di impegnarsi nel mondo della scuola,
dove gli insegnanti non sono dotati degli strumenti
adatti, sia conoscitivi che metodologici, per
parlare di fisica in modo nuovo e più vivo. Si cercano
nuove modalità per far appassionare alla
scienza non per creare dei piccoli fisici, ma per
formare persone “curiose” di tecnologia e di
scienza. Buttiamo, per così dire, le lavagne con
tutte le formule e i compiti difficili e mettiamo i
ragazzi alla finestra dicendo: “guarda il mondo
che ti sta intorno e cerca di capirlo meglio; c’è
una scienza che si chiama fisica e che ti aiuta a
farlo”.
In secondo luogo nel campo extra scolastico ci
proponiamo di creare dei circuiti virtuosi di
interazione tra la scuola e la realtà esterna. Un
caso per tutti: le pseudo-scienze. A scuola si parla
di astronomia, fuori di astrologia. A scuola ti
spiegano che ci sono le stelle, i pianeti, che emettono
luce e radiazioni, fuori dalla scuola lo studente
legge l’oroscopo convinto magari che questa
sia scienza e che funzioni davvero. Se una
persona crede nell’oroscopo non c’è nulla di grave,
ma lo è se pensa che l’astrologia sia scienza.
Vale lo stesso anche per l’omeopatia: nonostante
i più semplici e noti insegnamenti della chimica
molti si affidano a “presunti” rimedi omeopatici
(spesso solo acqua purissima) che non hanno
un riscontro medico, se non a livello di
placebo.
Il Laboratorio e il Museo Tridentino
di Scienze Naturali hanno all’attivo
una serie di collaborazioni importanti,
tra cui le mostre Energia 2001 e Destinazione Stelle. Quali sono le
ragioni che hanno portato ad allestire
una mostra su Marte?
Pianeta Rosso. In viaggio verso Marte nasce con
un pretesto intelligente: si fonda su di una coincidenza
astronomica per la quale Marte si trova
al punto di massimo avvicinamento alla terra, in
condizioni molto favorevoli per l’osservazione.
È una tematica molto attuale anche perché riguarda
l’origine della vita sulla terra. Ci sono, infatti,
indizi ragionevolmente interessanti che ci consentono
di collocare fuori dalla terra l’origine della
vita e Marte è l’unico pianeta del sistema solare
che potrebbe aver ospitato, in un passato piuttosto
remoto, forme di vita. Può darsi addirittura
che ci siano ancora microbi sepolti nel sottosuolo
marziano e che nel passato siano stati trasferiti,
tramite qualche eruzione vulcanica o qualche
meteora, sulla terra. Quindi interessarsi a Marte
significa studiare, probabilmente, una condizione
geologica che potrà interessare in futuro la
terra.
Anche per quanto concerne le tecnologie connesse
ad una spedizione sul pianeta rosso ci sono
fortissimi interessi di tipo industriale, nel campo
dell’industria informatica, dei prodotti farmaceutici
e dei materiali. L’industria spaziale è
interessatissima, infatti, allo studio di nuovi materiali,
nuovi motori, di tecnologie innovative che
non rimangono solo in orbita ma vengono utilizzate
sulla terra.
Come è strutturata la mostra?
La mostra è interattiva e si basa sul principio
“hands on”, nel senso che il visitatore è chiamato
spesso a “metter le mani” sull’oggetto che sta osservando
per sentire, per cercare di far funzionare
l’oggetto e dunque capirlo meglio; l’allestimento
si avvale di un discreto utilizzo dell’informatica
e della telematica utile per visualizzare i fenomeni.
È una mostra di piccole dimensioni, ma non
certo di “serie B”; al contrario permette una visita,
sia guidata che autonoma, ragionevolmente
rapida che offre stimoli di approfondimento portando
il visitatore a documentarsi di più su ciò
che ha visto. Ritengo che questo sia uno degli
aspetti più importanti per gli studenti, che non
vanno saturati di informazioni, ma incoraggiati e
spinti a conoscere.
In alto a destra: Stefano Oss
davanti a un pannello della mostra;
sopra
a sinistra: un’immagine di Marte.
Pianeta Rosso
In viaggio verso Marte Nella mostra sono
illustrati presente, passato e futuro dello studio di Marte: i documenti di
Schiapparelli, la riproduzione
del telescopio Merz, la mappa multimediale della morfologia di Marte, fino
alla simulazione di una spedizione tramite una sonda che si può pilotare. E
la visita si conclude sperimentando il “disorientamento da assenza di
gravità” sul gyrobic, per provare l’emozione di essere un astronauta! |
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