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Le radici storiche dell’autonomia del Trentino
Un progetto di ricerca del Dipartimento di Scienze umane e sociali
di Luigi Blanco

 

Promosso dal Dipartimento di Scienze umane e sociali, e finanziato nell’ambito dell’Accordo quadro tra l’ateneo trentino e la Provincia Autonoma di Trento, il progetto di ricerca su “Autonomia e pianificazione territoriale in Trentino dal Catasto teresiano al Piano urbanistico provinciale” si è sviluppato nel corso del 2003 attraverso una nutrita attività seminariale che ha visto coinvolti numerosi studiosi e giovani ricercatori.
Tale attività, che si è dipanata attraverso gli incontri dedicati al bicentenario della secolarizzazione del Principato vescovile (con interventi di Luigi Blanco, Mauro Nequirito e Pierangelo Schiera), al tema delle rilevazioni catastali in area trentina nei secoli XVIII-XX (con interventi di Gauro Coppola, Marcello Bonazza, Flavio Margonari), alla storia regionale (interventi di Pierangelo Schiera, Luigi Dappiano, Vincenzo Calì), ai lavori per il primo piano urbanistico provinciale (interventi di Pietro Nervi, Sergio Giovanazzi, Gianni Faustini), alla demografia in area trentina nel XIX e XX secolo (con interventi di Casimira Grandi e Augusto Ascolani), ha trovato un primo momento di illustrazione e verifica dei risultati, ancorché parziali, nel convegno che si è svolto nel dicembre 2003 presso la Facoltà di Sociologia dal titolo: Le radici dell’autonomia. Conoscenza del territorio e intervento pubblico in Trentino (secc. XVIII-XX).
Come si può intuire dal titolo del convegno, nel quale si sono ripresi, accanto ad altri, alcuni dei temi già trattati nei seminari, il progetto di ricerca si è articolato lungo due direttrici o coordinate di fondo denotate dal territorio e dal potere, che sono poi del resto i termini-concetti classici attraverso cui si è studiata e si studia la convivenza politica organizzata nell’esperienza europeo-occidentale moderna. Il terzo termine, anch’esso presente nel titolo del convegno e profondamente intrecciato agli altri due, è quello relativo al sapere, alla conoscenza, come aspetto fondamentale dell’attività umana finalizzato allo sfruttamento e alla gestione delle risorse e alla regolamentazione della convivenza sociale e politica.
Si tratta, com’è ovvio, di termini storicamente determinati, non solo perché assumono connotazioni intrinsecamente diverse nei diversi contesti geografici, politici ed umani, ma anche perché mutano nei diversi momenti della storia d’Europa, sia nella loro intrinseca caratterizzazione o costituzione che nei rapporti che intrattengono reciprocamente.
Il territorio quindi, nell’ottica della presente ricerca, non è tanto il territorio politico, con le sue frontiere e le sue enclaves autonomistiche, né va inteso esclusivamente nella sua accezione fisica o geo-politica; esso è da intendersi, piuttosto, come insieme di risorse e popolazione. La nuova concezione che si sviluppa soprattutto nella letteratura anti-machiavellica pone al centro della definizione di territorio la popolazione che su quel determinato territorio vive e opera. Dalla fine del XVI secolo, con lo sviluppo dell’arte e delle pratiche di governo, si passerà quindi dallo spazio, oggetto quasi indistinto di dominio, al territorio, misurabile, controllabile, sfruttabile.
Il consolidamento, nel contesto occidentale, di quella forma di organizzazione del potere a dominanza statale e la continua precisazione e formalizzazione delle tecniche di governo ha comportato altresì un utilizzo massiccio delle scienze e delle loro applicazioni tecnologiche al governo degli uomini e allo sfruttamento delle risorse dei territori. Proprio grazie all’introduzione massiccia del sapere scientifico e tecnico nelle pratiche di governo degli uomini e delle risorse si sviluppa sul suolo europeo, almeno a partire dal- la metà del Seicento, quella concezione amministrativa dello Stato che influenzerà, secondo modalità e tempi diversi, tutte le grandi e piccole formazioni statali europee.
La ricognizione che si è condotta, di cui si stanno raccogliendo i primi risultati, ha inteso approfondire, sulla scia delle coordinate generali sinteticamente richiamate, alcuni momenti privilegiati della storia del Trentino, a partire dalla metà del XVIII secolo, dal momento più alto cioè di espressione del riformismo illuminato in Europa e del quale partecipa anche, sia pure in modo ridotto ma assolutamente peculiare, il piccolo Principato vescovile di Trento.
Dalle operazioni relative al catasto teresiano che porteranno poi all’istituzione del Libro fondiario, alle statistiche economiche, alle rilevazioni demografiche, alle topografie mediche e all’osservazione naturalistica, allo studio del folclore e delle tradizioni popolari, per riprendere i temi che sono stati approfonditi maggiormente.
Accanto a queste tematiche hanno trovato altresì attenzione, sul versante degli interventi del potere pubblico, l’analisi del fenomeno cooperativo, lo studio della fondazione dell’Istituto Trentino di Cultura e una valutazione complessiva del primo piano urbanistico provinciale, che rappresenta anche il termine ad quem della ricerca stessa.
Gli Atti di prossima pubblicazione (con interventi di Marcello Bonazza, Andrea Leonardi, Renato G. Mazzolini, Emanuela Renzetti e Rodolfo Taiani, Casimira Grandi, Mauro Nequirito, Fabio Giacomoni, Pietro Nervi, Vincenzo Calì, Pierangelo Schiera) forniranno già i primi risultati per inserire questa nuova pista di ricerca e riflessione storica in una storiografia che a livello locale è rimasta legata per troppo tempo al tradizionale paradigma interpretativo di stampo irredentistico e risorgimentale.
Non si tratta, come già accennato, di lavori conclusivi, né tanto meno esaustivi del vastissimo tema assunto ad oggetto di studio e di ricerca. Tanti altri aspetti meritano di essere approfonditi e tanti altri sondaggi effettuati per fornire un quadro più preciso e attendibile dell’intera materia. Quel che emerge già però, sin da questi primi risultati, è l’importanza del tema per analizzare e comprendere le lontane origini dell’autonomia trentina. Essa deve la sua straordinaria forza attuale, è questa l’ipotesi di fondo che si vuole sottoporre a verifica storica, alla capacità della popolazione e dei suoi ceti dirigenti di indagare e conoscere il territorio trentino, nelle molteplici dimensioni alle quali si è accennato, al fine di intervenire per modificare e trasformare la realtà fornendo risposte ai bisogni e ai problemi delle popolazioni. Di questa capacità, le popolazioni trentine, il ceto amministrativo e le élites tecnico-professionali hanno dato prova sotto i diversi regimi politici che si sono succeduti in questa terra, assimilando il meglio delle tradizioni amministrative e delle culture professionali e tecniche con le quali sono venuti a contatto. Su di essa si fonda, ancor più che sul riconoscimento politico-amministrativo, la forza dell’autogoverno che si è storicamente sperimentato in questa terra.

 

In alto a destra: Comitatus Principali/Tirolis/in quo/Episc. Tridentino et Brixensis/Comitatus Brigantinus, Feldkirchiae, Son-/nebergae et Pludentii.... Johann Baptist Homman (G) Nürnberg 1717.