no62

  workshop  

Filosofia e pratica politica
Contro il realismo pragmatico
di Ermanno Bencivenga

 

Il 18 e 19 marzo si è tenuto, presso la Sala Conferenze della Facoltà di Economia dell’Università di Trento, il secondo workshop annuale di filosofia sul tema: Quali contributi può dare la riflessione filosofica alla pratica politica?
Il primo workshop si era tenuto l’anno scorso a Rovereto, presso il Dipartimento di Scienze della cognizione e della formazione, sul tema: La logica nella filosofia.
Il workshop di quest’anno è stato sponsorizzato dalle Facoltà di Giurisprudenza e di Lettere e Filosofia e brillantemente organizzato dall’Ufficio Manifestazioni e Convegni dell’Università, in collaborazione con un comitato scientifico che comprendeva i professori Diego Quaglioni, Michele Nicoletti e Paolo Carta, oltre al professor Achille Varzi della Columbia University. Ciascuna delle quattro sessioni ha occupato mezza giornata e ha incluso contributi di un relatore e un commentatore, oltre a un ampio spazio per la discussione. Tra il folto pubblico erano presenti molti studenti, dell’università e delle medie superiori, che hanno seguito con attenzione il dibattito e vi hanno anche attivamente partecipato.
Tutti hanno molto apprezzato il formato “laboratorio” di questo incontro: non un insieme affastellato di interventi precotti, ma discorsi nati già in un contesto dialogico (i relatori avevano inviato per tempo bozze dei loro contributi ai commentatori) e ulteriormente sviluppati durante una conversazione ampia e appassionata, che in tutti i casi ha largamente superato i limiti previsti, risultando in oltre dodici ore complessive di lavori nel corso dei due giorni. I partecipanti hanno anche dichiarato di essersi sentiti altamente stimolati dalla domanda, che, nella sua apparente semplicità, li ha invitati ad affrontare la difficile sfida di argomentare la pertinenza (o, eventualmente, non pertinenza) della loro attività professionale nei confronti di un mondo in preda a gravissime crisi istituzionali e a un radicale logorarsi del tessuto stesso della nostra civile convivenza.
Relatori e commentatori hanno portato contributi diversi e spesso intensamente autobiografici, componendo un quadro ricco e variegato delle molte anime di questo antico e sempre attuale problema: qual è il rapporto tra teoria filosofica e prassi politica, o se si preferisce tra pensiero e azione? Flavio Baroncelli dell’Università di Genova, insieme al commentatore Nico De Federicis dell’Università di Pisa, ha tracciato con vivace intelligenza e notevole arguzia il percorso intellettuale della sinistra italiana, dalla sicurezza ideologica degli anni Cinquanta e Sessanta fino al disorientamento di oggi, e ha indicato nell’apertura a John Rawls a partire dal 1980 l’occasione mancata di quello che, con un ossimoro provocatorio, ha definito un possibile liberalismo proletario - visto, cioè, dalla parte dei più poveri.
Con grande vigore argomentativo ed evidente passione civile, Giacomo Marramao dell’Università di Roma e la commentatrice Laura Bazzicalupo dell’Università di Salerno hanno posto il problema dell’esistenza di una sfera pubblica globale in un mondo ormai privo di valori sostanziali universalmente condivisi, indicando la strada possibile di un nuovo universalismo della differenza, da contrapporre all’universalismo dell’identità proprio della tradizione.
Salvatore Veca dell’Università di Pavia ha tracciato con esemplare chiarezza la logica dell’offerta filosofica ai soggetti della politica, in tutte le sue complicazioni e possibili contraddizioni, e ha intrecciato un caloroso scambio dialettico con la commentatrice Franca D’Agostini dell’Università di Torino sul tema: in che senso si può dire che esista una domanda di teoria da parte di quei soggetti? La conclusione ha sembrato metterli d’accordo: è la stessa comunità teorizzante a dover interpretare quella dei soggetti della politica come una domanda; spesso questi ultimi non se ne sapranno o vorranno fare esplicitamente portatori.
Infine, Danilo Zolo dell’Università di Firenze ha lucidamente stigmatizzato l’attuale situazione internazionale: l’eversione del diritto, la concentrazione del potere e della ricchezza, le dottrine della guerra giusta e della guerra preventiva. Ne è nata un’altra vivace discussione con la commentatrice Chiara Pievatolo dell’Università di Pisa circa la posizione teorica dalla quale Zolo emette le sue critiche: mentre Pievatolo e altri sostenevano che il suo fosse un giudizio implicitamente morale, Zolo ha insistito fino in fondo nel considerarlo puramente estetico ed emotivo.
Il vero senso del workshop, però, non può essere espresso semplicemente riassumendo relazioni e commenti. È questo un caso in cui il tutto è decisamente più della somma delle parti: lavorando insieme, autori con percorsi intellettuali diversi e talvolta contrastanti sono arrivati con un po’ di sorpresa ad alcune conclusioni comuni, che del workshop possono considerarsi il vero risultato. Primo, il discorso etico, a lungo negato, è stato da più parti riaffermato con notevole convinzione. Franca D’Agostini ha ricordato che, in occasione della citata apertura a Rawls, la reazione comune all’epoca sia stata “Ma così si ritorna a Kant!”, intendendo questa, ovviamente, come una critica. Oggi invece sembra necessario che la politica tenga in considerazione, e la filosofia offra, un fallibile ma irrinunciabile giudizio morale sugli eventi. Secondo, mentre ci si è trovati d’accordo che una filosofia intesa come “consigliera del principe”, e in generale come guida sicura e maestra di saggezza, non sia più proponibile e sia in buona parte responsabile dell’odierno disorientamento, si è concluso che c’è spazio per (e anzi bisogno di) una filosofia che continuamente esplori le dimensioni del possibile, che usi le proprie argomentazioni non per chiudere discorsi ma per aprirli, per articolare le descrizioni e “narrazioni” di mondi più umani e più degni. Terzo, in quest’ottica di una filosofia del possibile, si è riscontrato il risorgere di un nuovo autentico orgoglio dell’essere filosofi: del praticare una disciplina intrinsecamente inattuale e magari del tutto “inutile” nel breve periodo ma al tempo stesso (un po’ come la ricerca di base nelle scienze) tale da offrire costantemente un antidoto alle pericolose fossilizzazioni del “realismo pragmatico”. Una disciplina che, così intesa, non si arresta entro i confini delle facoltà accademiche ma si apre in modulazioni diverse a tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà: a tutti coloro che sanno trovare spazio nella propria vita per una difesa insieme argomentata e creativa delle proprie ragioni e dei propri ideali.

in alto a destra: il workshop Quali contributi può dare la riflessione filosofica alla pratica politica? 18 marzo 2004;
sopra: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo. Immagine tratta da: Enrico Castelnuovo (a cura di), Ambrogio Lorenzetti. Il Buon Governo, Milano, Electe, 1995