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Biodiritto e bioetica
Un progetto interdisciplinare del Dipartimento di Scienze giuridiche
intervista di Francesca Menna a Carlo Casonato



Un progetto sul biodiritto, concretizzato nel 2002 e portato avanti dal Dipartimento di Scienze giuridiche. Ne abbiamo parlato con il responsabile scientifico, Carlo Casonato, professore associato di diritto costituzionale comparato all’Università di Trento.

Quali sono le finalità e le caratteristiche del progetto?
Sulle tematiche bioetiche è necessario avviare nella società e nei luoghi della ricerca e della formazione un approfondimento culturale il più ampio e aperto possibile. L’obiettivo del progetto è quello di fare incontrare diverse anime del diritto (costituzionale, privato, penale, filosofia del diritto, diritto di famiglia) con medici e bioeticisti e ragionare insieme sulle delicate problematiche di bioetica. Affrontiamo quindi in modo interdisciplinare, da un punto di vista sia generale e teorico che fortemente pratico, temi come l’eutanasia, la procreazione assistita, l’eugenetica, il consenso informato.
Un altro aspetto peculiare riguarda la comparazione: abbiamo voluto mantenere e sviluppare il tradizionale approccio al diritto della Facoltà di Giurisprudenza di Trento che è nata come facoltà di diritto comparato e ha nel tempo rinforzato questa sua originalità.

Che cosa significa concretamente?

Carlo Casonato

Per quanto riguarda l’interdisciplinarietà gli eventi che organizziamo vedono sempre la partecipazione di esperti di settori diversi, che quindi considerano lo stesso problema da differenti punti di vista. Sul fronte della comparazione, invece, andiamo a vedere come su tematiche simili si comportano altri ordinamenti, quelli più significativi in materia; questo non per “trapiantare” le soluzioni adottate altrove poiché sarebbe assurdo e ci potrebbe essere una vera e propria “crisi di rigetto”, bensì per capire quali sono i problemi, come vengono affrontati nelle varie realtà e quali soluzioni vengono proposte. Questo ci permette di capire meglio e di vedere con maggiore spirito critico il nostro sistema giuridico, oltre che di ipotizzare nuove possibili discipline giuridiche.

Che tipo di iniziative promuovete e a chi sono rivolte?
Organizziamo convegni e seminari a ingresso libero e aperti a tutta la cittadinanza (partecipano anche molti medici, ottenendo crediti formativi). Il programma del 2004, che si chiuderà il 17 novembre con un incontro sul cosiddetto testamento biologico, consiste principalmente nei Dialoghi di bioetica e biodiritto che si tengono presso la Facoltà di Giurisprudenza e che quest’anno affrontano I diritti del paziente nelle fasi critiche della vita. Questo ciclo di incontri è organizzato in stretta collaborazione con l’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Provincia di Trento. In questa sede abbiamo già affrontato tematiche delicate riguardanti i problemi della neonatologia, il ruolo del minore nella decisione terapeutica, la “pillola del giorno dopo”, il consenso. Un importante appuntamento è stato inoltre un convegno tenuto a maggio sulla nuova disciplina della procreazione medicalmente assistita, al quale hanno partecipato alcuni tra i maggiori studiosi di diritto, medicina e bioetica.
Per quanto riguarda l’attività didattica, invece, è attivo da un paio d’anni un laboratorio applicativo di biodiritto con lezioni frontali seguite da lavori di gruppo e dal dibattito.

Le sembra che le iniziative abbiano successo?
Indubbiamente c’è molto interesse intorno alle tematiche che affrontiamo, anche perché facciamo in modo che l’argomento sia trattato in modo critico e con un taglio il più possibile pratico. Ai dialoghi abbiamo finora avuto una buona affluenza di pubblico. Un’iniziativa che sta riscuotendo molto successo tra gli studenti è il laboratorio applicativo, per il quale in questi ultimi due anni si sono riempiti in brevissimo tempo i 40 posti disponibili.

Quali sono i problemi del diritto in materia di bioetica?
In certe aree il diritto è lacunoso e in forte ritardo (il diritto ha i suoi tempi!); talvolta è addirittura assente. Per fare una legge, inoltre, ci vuole una base di consenso e quelle biogiuridiche sono spesso materie che dividono la società e la politica. Basti pensare all’ultima legge sulla procreazione medicalmente assistita che ha creato spaccature all’interno degli stessi schieramenti politici. Su materie così delicate è difficile trovare una linea comune ed è quindi impossibile creare, in tempi brevi, una regolamentazione che sia ponderata ed efficace. Il biodiritto, ancora, è tipicamente plurale e aperto: ci sono convenzioni internazionali, direttive comunitarie, leggi dello stato e competenze regionali. E molte materie paiono trovare i riferimenti della loro disciplina nelle singole sentenze dei giudici.
In questa situazione, viene da chiedersi se sia proprio necessaria una forte giuridicizzazione della materia o se non possa essere più utile, secondo un principio che potremmo ricondurre alla “sussidiarietà”, che il diritto ponesse dei principi fondamentali che venissero poi applicati ed integrati, anche alla luce della deontologia professionale, dagli ordini professionali e, nel caso concreto, anche dal singolo operatore sanitario. Si potrebbe correre il rischio, altrimenti, che norme rigide che evocano esclusivamente la responsabilità civile e penale, portino il medico ad agire non tanto per il bene del paziente, quanto per evitare possibili rischi di responsabilità personale. È il fenomeno della cosiddetta “medicina autodifensiva”, frutto di un rapporto non equilibrato fra diritto e medicina.

Progetti per il futuro?
Stiamo avviando una collaborazione con l’Istituto Agrario di San Michele per approfondire il discorso giuridico europeo e comparato sulla disciplina degli OGM: sarà questo il tema di un convegno a fine novembre prossimo. Inoltre, la Provincia ha espresso interesse per le nostre iniziative e potranno forse nascere nuove occasioni di collaborazione. A livello didattico, visto l’interesse suscitato negli studenti con il laboratorio, vorremmo proporre alla Facoltà di Giurisprudenza di attivare nel biennio un vero e proprio corso dedicato al biodiritto. Abbiamo anche intenzione di sviluppare ulteriormente i rapporti internazionali, invitando docenti stranieri con cui collaborare nella ricerca e nella didattica. Un po’ come ho fatto io l’anno scorso, tenendo un corso di diritto e bioetica presso l’Illinois Institute of Technology di Chicago.

Che cosa pensa dell’ultima legge sulla procreazione medicalmente assistita?
È una legge che guarda con forte sospetto alla procreazione assistita. I criteri per l’accesso a questo tipo di tecnica sono molto rigidi: si può accedere soltanto in caso di sterilità e non per evitare, ad esempio, di trasmettere malattie ereditarie. Inoltre, non si possono creare più di tre embrioni e tutti quelli creati devono comunque essere impiantati nel corpo della donna. Queste scelte dipendono dalla tutela assoluta che la legge ha voluto dare all’embrione, in quello che pare una sorta di sbilanciamento di interessi rispetto alla salute della donna e al desiderio di genitorialità.
Tutto questo pone dei problemi di legittimità costituzionale e pare in contrasto con la deontologia professionale e con la legge 194 sull’interruzione di gravidanza oltre che con elementari principi di logica. Il giorno dopo l’impianto (forzato?) dei tre embrioni, ad esempio, la donna potrà legittimamente decidere di abortire ai sensi della 194. Su questo, auspichiamo che le linee guida discusse al Ministero possano limitare l’impatto della legge.
Il sospetto nei confronti delle tecniche di procreazione assistita e la sbilanciata tutela degli interessi fanno sì che, in ogni caso, la legge sia molto restrittiva, la più restrittiva in Europa, con moltissimi divieti e sanzioni pesanti (fino a tre anni di reclusione per il medico che congeli gli embrioni, ad esempio). Un’ulteriore conseguenza della legge potrà essere che le coppie cercheranno soluzioni alternative all’estero: un “turismo procreativo” costoso che certamente non tutti potranno permettersi.