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  ateneo  

L’Università a Trento dal 1962 al 2002
Un volume per celebrare i quarant’anni dell’ateneo
di Fabrizio Cambi


Capita spesso che il lettore si accosti a pubblicazioni edite ad esempio da istituzioni culturali e da università se non con diffidenza, con una certa sufficienza e distacco, motivati dal taglio asettico e talvolta agiografico di questi testi. C’è da augurarsi che ciò non accada con il volume, uscito di recente, L’Università a Trento 1962-2002, curato da docenti dell’ateneo e frutto della collaborazione di molti che nel tempo hanno contribuito al suo sviluppo e al suo radicamento. In realtà non una finalità esclusivamente rievocativa e celebrativa, alla quale di frequente si indulge in occasione di anniversari e traguardi raggiunti, caratterizza la raccolta dei sedici saggi e testimonianze, quanto piuttosto l’intenzione di ricostruire criticamente, in non pochi casi anche empaticamente, le principali tappe evolutive dell’Università di Trento. La possibilità di conoscere le dinamiche istituzionali e amministrative, le politiche di sviluppo da parte di tutti coloro che a vario titolo operano e vivono nell’università, di per sé sarebbe già un motivo valido che giustifica questa pubblicazione. Ma di maggiore interesse risultano senza dubbio le problematiche, il complesso delle scelte compiute nel corso degli anni, le prospettive che il quadro informativo offre e alimenta.
Se quattro decenni di vita dell’Università di Trento rappresentano un sin troppo breve segmento nella plurisecolare storia accademica italiana, colpiscono alcune peculiarità di una crescita impetuosa e incisiva, ramificata sia nel contesto regionale sia in quello internazionale. Un’idea guida, che è un po’ il filo rosso di numerosi interventi, è senza dubbio, nella particolare situazione in cui venne a trovarsi il costituendo ateneo trentino nella complessa fase di trasformazione da libera università a università statale, la definizione e l’applicazione del principio dell’autonomia che ancora oggi sul piano nazionale palesa ambiguità e contraddizioni. L’Università di Trento si è sviluppata anticipando e sperimentando riforme e muovendosi, per quanto possibile, nella direzione, indicata da Paolo Prodi nel 1977, di un’ “autonomia come rottura del centralismo burocratico dell’università italiana, non come corporazione accademica”. Autonomia, capacità di scoprire ed esplicitare potenzialità, la doppia complementare ottica di recepire e soddisfare la domanda sul piano della didattica e della ricerca, maturata nel territorio inserendola in una fitta rete di collaborazioni e attività in campo nazionale e internazionale sono temi ricorrenti nel volume che tuttavia non è stato pensato soltanto per sapere da dove veniamo e in quale università stiamo vivendo, quanto piuttosto per cogliere e affrontare le criticità dell’università di oggi indicando possibili nuove prospettive in ambito locale e internazionale.
Due parole dunque sull’articolazione dell’opera che si compone di tre sezioni fra loro connesse: la prima comprende un saggio storico introduttivo su Università e “spirito pubblico”. La questione universitaria fra passato e presente di Diego Quaglioni e un Dialogo a più voci di cui si mettono a fuoco le questioni aperte e urgenti dell’università. In questa prima parte appare ancora più evidente il nesso fra passato e l’attualità pressante con il suo bagaglio di interrogativi. La seconda sezione ospita i contributi dei quattro rettori che ripercorrono analiticamente le fasi più significative dell’ateneo trentino. La terza sezione accoglie undici testimonianze che arricchiscono ora in modo oggettivo ora in modo impressionistico lo scenario di un’università che, in forza della sua espansione e degli eccellenti risultati finora raggiunti, conferma la sua centralità confermandosi strutturalmente e progettualmente attrezzata per rispondere alle aspettative e alle richieste sempre più diversificate e articolate in chiave formativa e professionalizzante provenienti dalla società.

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