Centro Universitario per la Difesa Idrogeologica nell’Ambiente Montano
CUDAM
Linea 2 - Dinamica delle colate di detriti
Responsabile Aronne Armanini

 

Dinamica delle colate di detriti e delle correnti iperconcentrate e modelli matematici per la mappatura del rischio da colata e per la valutazione della efficacia delle opere di difesa

Obiettivi

  • Definire e caratterizzare la reologia delle diverse tipologie di moto delle correnti iperconcentrate,delle colate di detriti e di fango.
  • Individuare le relazioni di tipo globale esistenti tra le grandezze geometriche e le grandezze fisiche medie; utilizzo di un sistema sperimentale ideato dai proponenti (progetti UE Debris Flow e Tharmit).
  • Messa a punto di modelli matematici integrati sulla profondità della colata, più realistici degli attuali (Takahshi,1980; Julien e O‘Brian,1988 ; Armanini, 1999 ; Fraccarollo e Armanini, 1999), capaci di simulare in maniera più corretta il problema della separazione delle fasi.

Le attività

Le aree montane in Italia, coprono quasi due terzi del territorio del paese. I deflussi liquidi e solidi solitamente si formano nella parte montana dei bacini dove i processi di trasporto sono così strettamente interdipendenti da rendere necessario un approccio congiunto fra fase liquida e solida.

Le aree montane sono state considerate fino a non molti anni fa aree marginali, soprattutto a causa della scarsa rilevanza che esse presentavano nell'economia del paese. Si tratta, infatti, di aree nelle quali erano attive solo economie silvo-pastorali e nelle quali l'emigrazione ha rappresentato a lungo la prospettiva più attraente per le giovani generazioni, aree soggette quindi ad un fenomeno di crescente spopolamento. A partire dagli anni ‘60 l'incremento demografico e l'aumentato benessere hanno progressivamente investito queste regioni di iniziative crescenti per numero e per impegno finanziario nel settore del turismo e dell'artigianato. In pochi decenni queste aree hanno assunto un ruolo economico di tutto rispetto. Questo fenomeno ha comportato non solo l‘arresto degli abbandoni ma una progressiva crescita degli investimenti edilizi, sia nel campo strettamente turistico, sia nelle attività ad esso collegate ed in particolar modo l‘artigianato e l‘industria manifatturiera minore. Questa trasformazione insediativa ha tuttavia alterato in maniera consistente gli equilibri idrogeologici già di per sé intrinsecamente fragili di queste aree: non solo le catastrofi naturali sono cresciute di frequenza, proprio per la nuova pressione antropica e a causa del progressivo abbandono delle pratiche di sistemazione diffusa del suolo, ma il loro costo in termini di vite umane e di distruzione dei beni strumentali è cresciuto a dismisura.

A differenza di quanto avviene nella parte valliva dei corsi d’acqua, il rischio idrogeologico nelle aree montane e pedemontane dipende in maniera consistente dagli apporti solidi: i flussi solidi sono di tale entità che non è possibile affrontare separatamente le due componenti. Da un punto di vista sistemico, si può immaginare che il deflusso idrico intenso mobiliti per instabilità geomeccanica i detriti lungo i versanti o all’interno delle aste torrentizie. Si formano in questa fase ingenti portate solide, che possono essere fino ad un ordine di grandezza superiori alle portate liquide corrispondenti, spesso sotto forma di colate di detriti o di fango. I deflussi solidi tendono a depositarsi nei conoidi dando luogo a fenomeni di sovralluvionamento che mettono a rischio gli insediamenti antropici.

La frazione più fine della portata solida defluisce nelle aste pedemontane dando luogo in queste a vistosi innalzamenti dell’alveo che spesso portano ad esondazione per riduzione della capacità di deflusso della portata liquida. Il trasporto solido nelle aste fluviali pedemontane è anche elemento determinante per i processi erosivi localizzati e per la morfologia fluviale e gli aspetti ambientali ad essa collegati.

In tale contesto fenomenologico ambientale il Centro si prefigge di indagare gli aspetti tecnico-scientifici che le diverse fasi del processo comportano, anche con l’obiettivo di predisporre strumenti di previsione, monitoraggio e mitigazione del rischio, con particolare riferimento alle seguenti tematiche:

Analisi delle proprietà reologiche e meccaniche delle colate di detriti con indagini di laboratorio e di campo e con messa a punto di modelli matematici integrati sulla profondità per la mappatura del rischio da colata e per la valutazione della efficacia delle opere di difesa. Su questo tema l‘E.U. nell’ambito del V Programma Quadro ha finaziato un progetto (THARMIT) coordinato da uno uno dei Partecipanti al Centro e con due unità operative che fanno capo a docenti partecipanti al CUDAM. I primi approcci sistematici risalgono a Bagnold (1954) che ha evidenziato il ruolo dell‘interazione intergranulare nella reologia dei fluidi granulari. Altri ricercatori hanno ripreso lo schema di Bagnold, proponendo modelli reologici che trattano le colate come fluido monofasico equivalente o come fluido bi-fasico o multi-fasico o particellare (McTigue, 1982; Jenkins e Savage, 1983; Savage e Sayed, 1982; Johnson, 1987). Gli schemi proposti mancano di riscontri fisici attendibili dei diversi parametri presenti. I Proponenti hanno recentemente ideato due nuovi sistemi sperimentali originali (Progetti U.E. DEBRIS FLOW e THARMIT). Il primo, pensato per i deflussi granulari, consente di riprodurre condizioni di moto a pelo libero stazionario ed uniforme per flussi ad alta concentrazione fluenti su fondo erodibile in equilibrio (Armanini et alii,1999), che ha dato risultati innovativi, rispetto a precedenti ricerche in condotti anulari (Bagnold 1954) o in condotti a sezione chiusa (Bakhtiary and Asano 1998) in virtù delle diverse condizioni al contorno. Il sistema inoltre consente misure di concentrazione e velocità delle due fasi e di temperatura granulare, con una precisione mai ottenuta precedentemente.

Utilizzando questa nuova apparecchiatura si intende definire e caratterizzare la reologia delle diverse tipologie di moto delle correnti iperconcentrate, delle colate di detriti e di individuare le relazioni di tipo globale esistenti tra le grandezze geometriche e le grandezze fisiche medie.

Il secondo impianto, pensato per lo studio delle sospensioni iperconcentrate, permette sia di riprodurre condizioni di moto uniforme su letto mobile sia di misurare i profili di velocità. L’individuazione precisa del comportamento delle colate di fango viene indagata per mezzo di questo impianto. La conoscenza dei legami reologici consentirà inoltre la messa a punto di modelli matematici integrati sulla profondità della colata, più realistici degli attuali (Takahashi,1980; Julien e O‘Brien, 1988; Armanini, 1999; Fraccarollo e Armanini, 1999), capaci di simulare in maniera più corretta il problema della separazione delle fasi. Anche su questo aspetto si intende investire nel nuovo Centro soprattutto per quanto attiene alla modellazione bifasica, ma anche sviluppando in laboratorio alcune simulazioni fisiche che dovranno servire da test per i modelli matematici.

Il CUDAM utilizza come struttura logistica il nuovo Laboratorio di Idraulica e Difesa del Suolo, attualmente in fase di costruzione presso la Facoltà di Ingegneria e una serie bacini sperimentali attrezzati, situati nella Provincia di Trento. Il nuovo Laboratorio si estende su una superficie di circa 1000 metri quadrati e, vista la vocazione della sede, potrebbe essere dedicato quasi esclusivamente alle tematiche di interesse del CUDAM, tanto da diventarne anche formalmente una struttura.

Il progetto pur essendo rivolto ai problemi scientifici anche di base dei diversi temi, presenta evidenti ricadute applicative, soprattutto a supporto dell’attività di monitoraggio, previsione e pianificazione dei diversi enti pubblici preposti al governo e alla tutela del territorio.